Da qualche tempo c’è una diffusione di eventi legati alle erbe: officinali, aromatiche e spontanee o alimurgiche. Le erbe rappresentano un motivo di attrazione sempre più forte, sia come prodotti naturali in sé, sia come argomento di divulgazione. Interessanti e lodevoli iniziative, anche se spesso sovrapposte e non coordinate. Così, molti imprenditori agricoli sono già attivi o stanno prendendo in considerazione questa tipologia di coltivazione.
Una prima riflessione: le erbe, definiamole così per semplicità, vanno inserite in un contesto di filiera, soprattutto nelle nostre zone. La coltivazione è solo uno dei passi per costruire una serie di prodotti finali, o quantomeno semilavorati, che poi andranno immessi sul mercato. Il problema principale è proprio quello del mercato, non quello della coltivazione. La nostra regione è ricchissima di ambienti pedo-climatici ben diversificati. Questo ci consente di contare su una biodiversità vegetale spontanea pari a quasi il 30% dell’intera biodiversità europea; i nostri terreni, inoltre, si prestano a una gamma molto ampia di produzioni.
Problemi in azienda
I problemi, però, iniziano quando parliamo di strutture aziendali. Da un lato esiste quella che si chiama polverizzazione dell’offerta: imprese piccole, con terreni dispersi, spesso lontani dal centro aziendale. Realtà ammirevoli che stanno producendo in terreni marginali erbe fresche per la ristorazione o il consumatore finale, erbe essiccate, conserve, oli essenziali, cosmetici e altro. Imprenditori che sono contemporaneamente coltivatori, trasformatori, contabili, comunicatori e venditori per la propria microazienda. Impossibile riuscire a fare (bene) tutto. Nelle aziende più grandi dell’area collinare e della pianura, potrebbe essere interessante coltivare specie da fornire come semilavorati. Contesti completamente diversi, che richiedono strutture e programmazioni ben definite. In quest’ultimo caso è necessario lavorare su poche referenze, con un’adeguata meccanizzazione e, perché no, una condivisione delle attrezzature dedicate. I piani aziendali, e gli imprenditori agricoli di nuova generazione dovranno imparare a farli, vanno comunque preparati accuratamente, con un occhio di riguardo al mercato, al marketing e alla comunicazione. Fare un prodotto di qualità ormai è tassativo, la differenza sta nel saperlo comunicare efficacemente e saperlo vendere, riducendo anche i costi, per esempio aggregando l’offerta e la logistica.
Necessità di abbinamento
Seconda riflessione: un prodotto di nicchia su piccola superficie difficilmente riesce a mantenere redditizia un’attività.
Da molti anni, ormai, anche le Direttive europee indicano nella multifunzionalità la strada principale per le aziende agricole di piccola o media dimensione. Le erbe possono essere abbinate ad altre produzioni presenti in azienda: orticole, frutticole o vitivinicole, allevamenti. Chi ha la fortuna di avere sotto i piedi e attorno a sé un mosaico di territori come il nostro non può non pensare alle erbe come a un biglietto da visita veramente unico. Fattorie didattiche, agriturismi, percorsi… prodotti e persone che si muovono, persone che sono spinte a visitare i nostri luoghi perché ‘raccontati’ da un prodotto che hanno trovato magari fuori regione.
Ci permettiamo un’ulteriore riflessione. Esiste un Piano di settore nazionale sulle piante officinali, istituito presso il Ministero alcuni anni fa. Alcune Regioni e Province autonome si sono mosse già da tempo per tentare di sostenere le loro aziende nel settore delle erbe. Fondamentalmente, per noi si tratta di un settore nuovo dal punto di vista imprenditoriale, che potrebbe essere strategico, per completare l’immagine della nostra regione con altri prodotti di pregio. Varrebbe la pena fermarsi un attimo e ragionarci assieme, imprese e istituzioni..