Ricordate il profumo del pane? Quello che sentivate da bambini quando andavate dal panettiere o quando la nonna lo sfornava appena fatto in casa la domenica mattina? Quel profumo era la garanzia che sulla tavola sarebbe arrivato un prodotto semplice e genuino, dalla crosta croccante e dalla mollica leggera.
Purtroppo, con il passare degli anni questo profumo rischiava di andare perduto: sempre più spesso, infatti, il pane che arriva sulle tavole è tutt’altro che fresco: pani che vengono prodotti all’estero, surgelati, spediti e poi riscaldati una o più volte, sembrano freschi, ma non lo sono.
Per far chiarezza e far capire alle persone la differenza tra questi prodotti e il vero pane fresco, impastato, fatto lievitare e cotto al momento, l’Associazione Panificatori di Pordenone in collaborazione con Molino di Pordenone ha organizzato due incontri per fare ‘buona informazione’ sul ‘buon pane fresco’.
Il primo appuntamento si terrà domenica 23 marzo alle 17 alla Fiera di Pordenone in occasione di “Cucinare”; il secondo, poi, sarà domenica 6 aprile dalle 9 alle 16 nel chiostro dell’ex convento di Valvasone. Entrambi gli incontri sono gratuiti e a ingresso libero.
“C’è una bella differenza tra il pane che spesso vediamo sugli scaffali dei rivenditori o della grande distribuzione e il pane fresco che si compra in panetteria – spiega con decisione Pierluigi Orlandi, vice presidente dell’Unione Panificatori del Friuli Venezia Giulia -. Il Friuli Venezia Giulia è stata la prima regione italiana ad approvare un Regolamento che sancisce quando un pane può essere chiamato ‘fresco’. Può meritare questo aggettivo solo il pane che è stato impastato, fatto lievitare e cotto entro massimo 24-48 ore. Un tempo molto ristretto e ben definito che non dà spazi a nessun tipo di conservazione. Il buon esempio è stato colto al volo da altre regioni, come la Lombardia e il Veneto, e speriamo che presto tutte le regioni d’Italia possano seguire questa strada. Scrivere nero su bianco quando un pane può essere definito davvero fresco è l’unico modo per proteggere il lavoro dei panificatori e fare in modo che l’utente sappia davvero cosa sta mangiando”.
“Fare il panificatore è un lavoro molto bello, ma anche estremamente faticoso – spiega Enrico Bellotto, presidente dell’Associazione Panificatori di Pordenone -. Lavoriamo tutta la notte perché la mattina i nostri clienti possano avere un pane fragrante e appena fatto. In quel pane c’è il nostro amore, la forza delle nostre braccia, l’attenzione che abbiamo messo nel controllare le farine e la lievitazione. Certo, questo pane può costare qualcosa in più, ma penso che ne valga la pena. Nei supermercati si trova pane a poco prezzo, esposto sotto grandi cartelli con la scritta ‘fresco’. Ma non è così. Magari quel pane viene dall’estero, congelato o surgelato e poi riscaldato una o più volte per far credere che sia stato appena sfornato, ma evidentemente fresco non è… potrebbe essere stato conservato per mesi. Siamo contenti che sia stato approvato questo Regolamento perché difende la nostra dignità di lavoratori e fa del bene alle persone, che finalmente avranno i mezzi per distinguere il vero pane fresco dal semplice pane comune”.
A fianco dell’Associazione Panificatori di Pordenone si schiera Valentino Zuzzi, amministratore delegato del Molino di Pordenone.
“Produciamo farine da più di 90 anni – spiega – e per noi il pane non è solo il naturale sbocco del nostro prodotto: il pane è il simbolo di una tradizione italiana a cui non vogliamo rinunciare. Rispettiamo il duro lavoro dei panificatori, coloro che permettono di trasformare la farina in un alimento sano che da sempre unisce le famiglie intorno ad una tavola”.
Nella foto Zuzzi e Bellotto