Quando morì nel 1451, ser Enrico di ser Everardo, notaro in quel di Cividale, lasciò una casa ricca di tanti oggetti che vennero annotati in un cartiglio a uso dei suoi eredi. Tra questi compare anche “unum ferrum ad faciendam aquavitem”. A margine del registro una mano, evidentemente a scopo esemplificativo, ha aggiunto la glossa “grape”. È la prima notizia della presenza di un alambicco in Friuli: quella ferraglia straordinaria che partorita dall’ingegno degli umani, dedito ai misteriosi percorsi dell’alchimia, ci ha regalato e continua a donarci generosamente assaggi degni del mito.
La grappa è profumatissima esperienza del buon vivere che sa chiudere un convivio fiorito, accompagna le chiacchiere del tempo liberato dagli affanni, mescola tra le labbra e il palato i sentori della vigna e della cantina decantati stilla a stilla perché favoriscano l’ascesi dello spirito regalando anche al corpo brividi non da poco. Pier Andrea Mattioli, stimato protomedico in quel di Gorizia, ne scrisse un trattato nel 1548: “Acqua vite e sue mirabili virtù”. Ci racconta che questo laudabile distillato: “È buono per altro che per medicina, ove sia bisogno di ristagnare e di fortificare. Fassi del vino l’acquavite per lambicco, così chiamata per le maravigliose virtù sue, le quali ha per conservazione della vita dell’uomo; imperocché facendosi con quella diligenza che vi si richiede d’ottimo vino, meritatamente si può ella chiamare Acqua di Vita”.
E non basta. Così continua lo scienziato: “Non solamente conserva ella nel suo vigore il calor naturale: ma rigenera e vivifica gli spiriti vitali, scalda lo stomaco, conforta il cervello, acuisce l’intelletto, chiarifica la vista e ripara la memoria”. Segue poi la ricetta per confezionare una così portentosa panacea capace di combattere tutti i mali del corpo e dello spirito. L’imperatrice Maria Teresa d’Austria, con tanto di bulla siglata, concesse la libera distillazione della ‘schnaps’ (sorso ingollato d’un fiato), che per volere della graziosa Maestà poteva essere prodotta anche in casa per il fabbisogno famigliare.
Da allora la nostra terra friulana, ricalcandone gli accenti germanici, ha preso a chiamarla ‘sgnape’, anche se alcuni linguisti – e forse hanno ragione loro – ne farebbero meglio derivare il nome da ‘trappa’. In virtù di una storia tanto gloriosa possiamo dunque affermare con orgoglio che la grappa friulana oggi sta proprio… sulla bocca di tutti. Che a parte la battuta cialtrona è una verità da sorseggiare.
La gloriosa storia della ‘sgnape’
Fin dal Medioevo le sono riconosciute proprietà portentose sia per il corpo sia per lo spirito
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