Quando si parla di cucina gradese non si può non nominare il re indiscusso. Il Boreto domina incontrastato tra le varie pietanze che sull’Isola del Sole e nella laguna si possono assaporare e, sia per storia sia per peculiarità, è uno dei pochissimi che può essere definito realmente autoctono.
Si tratta di pesce preparato in un apposito tegame, il ‘paveso’, e, nella tradizione, a essere utilizzato era proprio quello che non veniva venduto.
Una metodologia unica di preparazione non c’è, in quanto ogni famiglia ha conservato nei secoli una ricetta tutta sua e particolare. Peculiarità comune, però, è la forte presenza del pepe. Se c’è abbondante pepe, allora si tratta di boreto originale ‘a la graisana’. Si può trattare di pesce di vario genere, dal boreto di rombo a quello di capelonghe, fino al boreto di bisato e boreto misto. Insomma, la varietà non manca.
Nell’essere servito, il boreto richiede quasi naturalmente la polenta bianca e un buon quarto di vino bianco. “Basa la femena, pien de morbin, tra un bon boreto e un mezo de vin”, recita una canzone popolare.
Anticamente, nei casoni, il ‘Palù’, in dialetto gradese, mancando l’olio per la cottura erano usate le interiora dei pesci, estratte e soffritte, per creare una sorta di poltiglia da condimento. A ricordarlo uno storico cantore ‘graisan’, Antonio Marchesan, ‘Nino Rosso’.