Fare luce sui morti infoibati, avviando un gruppo misto di ricerca italo-sloveno. E’ la richiesta che il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, ha inviato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al governatore Massimiliano Fedriga e al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
“Le recenti conferme di quanto in parte già si conosceva relativamente alle foibe e fosse comuni dove vennero gettate (perlopiù a guerra finita) migliaia di persone, italiane e slovene, da parte del maresciallo Tito, hanno trovato ora una nuova disponibilità ad approfondimenti anche da parte delle autorità slovene”, si legge nella lettera. “Credo che i tempi siano oltremodo maturi per dare vita a un gruppo misto italo-sloveno che cerchi di scoprire quali e quanti italiani, prevalentemente della Venezia Giulia, siano stati infoibati oltre confine. E in questo gruppo di lavoro Vi prego di voler prevedere anche la presenza di un rappresentante del Comune di Gorizia che, a guerra finita, ha visto sottrarre alle proprie famiglie oltre 650 concittadini che avevano la sola ‘colpa’ di poter rappresentare un ostacolo alla realizzazione delle velleità annessionistiche di Tito”.
“Si sono recentemente concluse, infatti, le operazioni di recupero e catalogazione dei resti delle vittime dalla foiba di Zalesnika, nei pressi di Ternava della Selva, nella zona slovena del Goriziano. Questa foiba, già nota e da tempo esplorata da ricercatori e speleologi coordinati da Joze Dezman, presidente della Commissione di Stato slovena, per l’individuazione delle fosse comuni, ha portato alla luce i resti di infoibati italiani e sloveni, i primi prelevati da Gorizia e dintorni nel maggio 1945, durante i 42 giorni di occupazione della città da parte dei partigiani di Tito. Questa notizia si aggiunge a quella ancor più agghiacciante, resa nota il 24 agosto in una conferenza stampa della Commissione slovena, secondo cui una nuova cavità naturale, contenente resti di infoibati, è stata scoperta nella zona del Kocevski Rog”.
“Sono stati individuati dagli speleologi incaricati resti di circa 250 vittime: quasi tutti civili dell’età media di vent’anni. Gli esuli dalle terre d’Istria, Fiume e Dalmazia hanno dovuto attendere il terzo millennio affinché il nostro Paese riconoscesse come storia patria, e non di una sua porzione, la tragedia dell’esodo e delle foibe, anche grazie all’approvazione da parte della quasi totalità del Parlamento della legge istitutiva del Giorno del Ricordo”, scrive ancora Ziberna.
“Il maresciallo Tito, come noto, ha usato lo strumento della foiba per avviare una vera e propria pulizia etnica per rendere omogenee quelle cosiddette “terre abbandonate” da oltre 300 mila italiani. Ma lo usò anche per eliminare gli oppositori al suo regime contro gli stessi suoi cittadini e gli amici sloveni, accomunati nella medesima tragedia, hanno pagato un duro prezzo. I cittadini goriziani – ma mi sento di parlare, da figlio di esuli quale sono, anche a nome degli altri cittadini della Venezia Giulia – non chiedono processi, ma solamente di conoscere il luogo dove poter portare un fiore sui resti mortali dei propri cari. Moltissime sono le foibe presenti in Slovenia. Il Presidente della Commissione Dezman ha assicurato la disponibilità delle Istituzioni slovene a collaborare con l’Italia in questa ricerca. Sarebbe davvero assai grave non cogliere questa opportunità, che a mio avviso dovrebbe essere ricercata anche presso il Governo croato”, conclude Ziberna.