Da quando ha ceduto il timone del Comune, quasi trent’anni fa, Pordenone è cambiata ben poco. La città, per Alvaro Cardin, avrebbe bisogno di un grande progetto, anzi un progetto pensato in grande, trovando proprio nella ‘antagonista’ Udine un alleato fondamentale. Classe 1936, scuola democristiana, Cardin è stato primo cittadino per dieci anni, dal 1983 al 1993, per poi ricoprire l’incarico di presidente della Fiera per altri dodici anni.
Cosa fa oggi Alvaro Cardin?
“Continuo a seguire l’attività di marketing, anche se sto gradualmente passando la responsabilità dell’agenzia a mia figlia”.
E come è cambiata la sua città?
“Da quando ho concluso il mandato di sindaco non ci sono state grandi trasformazioni. Ho avuto la fortuna di vivere un periodo effervescente per Pordenone, in cui numerosi interventi, dalla viabilità alla fiera, al consorzio universitario avevano fatto fare un importante salto di qualità alla città. Negli ultimi anni, purtroppo, ci sono stati soprattutto interventi di restyling dell’esistente”.
Di cosa avrebbe bisogno allora Pordenone oggi?
“Di qualcosa di ‘straordinario’. Ci sono, però, dei movimenti, finalmente. Il nuovo ospedale, archiviate tutte le polemiche sulla sua collocazione, è in cantiere. Inoltre, sembra guardare al futuro anche l’intervento sul ponte sul Meduna, inquadrato nel più ampio quadro degli accessi alla città, che rimangono strategici per il suo sviluppo”.
E questo basta per la città del futuro?
“Se Trieste ha voltato pagina nella sua storia ripensando il porto vecchio, Udine e Pordenone hanno i loro ‘porti vecchi’ che rimangono senza un vero progetto: l’ex acciaieria Safau e l’ex cotonificio Amman”.
In questi anni la distanza (ovviamente non fisica) tra Pordenone e Udine è aumentata?
“Per certi aspetti si è allungata. Tra le due città rimane una diffidenza che andrebbe superata. Rimango convito della strategia indicata a suo tempo da Adriano Biasutti, che puntava sul concetto di città-province in cui i capoluoghi giocavano un ruolo funzionale anche ai loro territori e diventavano, così, centri propulsori nei confronti di Trieste e anche fuori regione. Un principio ancora più importante per Pordenone, vista la presenza di realtà mandamentali forti, come lo Spilimberghese e il Sanvitese”.
Chi dovrebbe fare un passo avanti, quindi?
“Siamo tutti friulani ma non possiamo esserlo a giorni alterni, in base a convenienze e opportunismi. Il Friuli occidentale, però, deve rafforzare la propria identità senza identificarsi per forza solo con la città di Pordenone. Quindi, Udine dovrebbe aiutare l’ex provincia di Pordenone perché la sua ricchezza, economica e sociale, è la ricchezza del Friuli e dell’intera regione. Udine dovrebbe comportarsi come un fratello maggiore che aiuta quello minore”.