Gorizia e Trieste oggi hanno dato vita a una serie di cerimonie per ricordare la fine dell’occupazione delle truppe dell’Esercito jugoslavo che, proprio il 12 giugno 1945, lasciarono i territori della Venezia Giulia. Una data da poco entrata nel calendario ufficiale, grazie alla recente delibera dei due Consigli comunali.
Nel capoluogo isontino si è tenuto un momento solenne questa mattina al parco della Rimembranza di corso Italia. Il sindaco Rodolfo Ziberna, il prefetto Massimo Marchesiello e il Presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, in rappresentanza di tutte le autorità, hanno deposto un omaggio floreale ai piedi del lapidario che ricorda le deportazioni avvenute al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Il Comune di Trieste ha organizzato un ricco calendario di cerimonie: alle 10, in piazza dell’Unità d’Italia, l’Alzabandiera solenne, alla presenza del sindaco Roberto Dipiazza, del Prefetto Valerio Valenti, del governatore Massimiliano Fedriga, del Presidente del Consiglio regionale Zanin e del vescovo Giampaolo Crepaldi. Alle 10.45, nel Parco della Rimembranza, la deposizione di una corona d’alloro alla lapide che ricorda l’evento, eretta e inaugurata a cura del Comune il 12 Giugno 2015, in occasione del 70° anniversario (collocata sulla via Capitolina, a salire, poco dopo la confluenza col vialetto intitolato ai Martiri delle Foibe); alle 18, infine, in piazza Unità, l’Ammainabandiera solenne.
Anche a Monfalcone si è celebrata la giornata che ricorda la liberazione della città dall’occupazione jugoslava. In rappresentanza della giunta regionale ha partecipato alla cerimonia l’assessore Sebastiano Callari.
Critiche alla decisione di celebrare la fine dell’occupazione sono arrivate dall’Anpi, con il presidente dell’Anpi Vzpi di Trieste Fabio Vallon che su Facebook ha postato la foto di uno striscione di CasaPound comparso oggi a Bagnoli della Rosandra (nella gallery), sul muro esterno del teatro Preseren, commentando così la scritta: “I primi risultati di una ‘festa’ divisiva e contro la resistenza e i partigiani”.
I COMMENTI. “Il 12 giugno è una data importante nel calendario del Friuli Venezia Giulia: proprio in quella tarda primavera del 1945, la nostra comunità ha infatti potuto intraprendere quel percorso di liberazione che, a meno di dieci anni di distanza, sarebbe pienamente giunto a compimento”. Lo ha affermato il governatore della Regione Fvg, Massimiliano Fedriga, a margine della cerimonia in piazza Unità d’Italia. Fedriga ha sottolineato inoltre l’ampia partecipazione di autorità e cittadini “a testimonianza dell’alto valore simbolico che tale ricorrenza conserva ancora oggi nei cuori delle
istituzioni e delle persone”.
“È giusto ricordare quanto accadde 75 anni fa perché la storia deve andare avanti ma senza dimenticare. Le nuove generazioni siano testimoni, anche a nome di chi non c’è più, che la libertà vince sul terrore e sulla prevaricazione”. È quanto ha espresso il presidente Zanin, a margine della cerimonia che, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose della comunità locale ma anche regionale, si è svolta con l’alzabandiera in piazza dell’Unità d’Italia per la Giornata della liberazione della città di Trieste dall’occupazione jugoslava.
“È una data in cui si ricorda quando, il 12 giugno 1945, le truppe del IX Korpus dell’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia (Epj), che il 1 maggio avevano occupato Trieste proclamandone l’annessione alla Jugoslavia, furono costrette a ritirarsi dopo l’accordo di Belgrado del 9 giugno, ratificato due giorni dopo a Duino, in base al quale la Venezia Giulia veniva divisa in due zone dalla cosiddetta linea Morgan, provvisoriamente occupate, in attesa dei trattati di pace, dagli eserciti anglo-americano da una parte e jugoslavo dall’altra”.
“Il pensiero deve andare oltre”, ha rimarcato Zanin. “Da questa piazza si alzi il monito ai giovani affinché siano artefici del proprio futuro e padrone della propria vita”.
“Oggi mi unisco alle città di Trieste e Gorizia che celebrano la liberazione dall’invasione delle truppe slavo-comuniste di Tito”, dichiara il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. “Sacrosanta la decisione delle amministrazioni comunali che con il Sindaco Dipiazza, l’assessore Brandi e il sindaco Ziberna hanno voluto ricordare questa data, cancellata dai libri di storia e dalla memoria di troppi. Il 12 giugno del ’45 cessò la brutale e omicida invasione dei comunisti titini, che portarono lutti, disperazione e morte a Trieste, Gorizia e non solo. L’Italia e l’Europa non devono dimenticare. La nuova dimensione di convivenza e di pace non cancella i crimini della storia. Questa celebrazione sacrosanta ha fatto emergere alcuni nostalgici della violenza e della sopraffazione. Bisogna ricordare e condannare. Tito è stato uno dei personaggi più orrendi della storia contemporanea. Di lui certamente bisogna evocare il nome per richiamare i crimini che commise, facendolo in giorni in cui degli idioti in varie parti del mondo pensano di abbattere le statue di Churchill o di Montanelli. Tito è stato un boia. Dirlo nel 2020 vuol dire richiamare la memoria di una tragedia che non si deve mai più riproporre, affinché i popoli europei convivano nella pace e nella fratellanza”, conclude Gasparri.
“Un’alba di libertà dopo una notte durata 43 giorni. La storia ci ricorda che per Trieste non ci fu un 25 aprile poiché la liberazione dal nazismo del 31 maggio 1945 coincise con l’inizio dell’occupazione titoista. Furono sei settimane di violenze, arresti, deportazioni, infoibamenti messi in atto senza pietà con lo scopo di eliminare chiunque si opponesse all’annessione di Trieste alla Jugoslavia. Drammi personali e collettivi che, come tanti altri relativi alle vicende del confine orientale, per lungo tempo sono rimasti rinchiusi in un cassetto della storia”, commenta la deputata e coordinatrice di Forza Italia Fvg Sandra Savino.
“Da quest’anno, grazie all’iniziativa della giunta comunale di Trieste, quel cassetto della storia è stato riaperto, e i suoi appunti riportati alla luce della città e dell’Italia intera. Da quest’anno, seppur con le limitazioni dovute alla pandemia, Trieste celebrerà ogni 12 giugno la giornata della liberazione dall’occupazione jugoslava. Una solennità civile che va ad integrare e non a sostituire le altre commemorazioni legate ai drammi della seconda guerra mondiale: dal Giorno della Memoria alla festa della Liberazione. Per la sua collocazione geografica Trieste – la medaglia d’oro al valor militare sta lì a dimostrarlo – ha pagato un prezzo altissimo: dopo ‘l’artiglio nazista’, ‘sottoposta a durissima occupazione straniera subiva con fierezza il martirio delle stragi e delle foibe, non rinunciando a manifestare attivamente il suo attaccamento alla Patria’. Era il 1956 quando la città ricevette con queste motivazioni la medaglia la valor militare. E il riferimento al 12 giugno 1945 è ben evidente. Lo ricordi chi da sinistra ha polemizzato e polemizza per l’istituzione di questa ricorrenza. E ricordi anche che i mlitari del IX Korpus sloveno intimarono ai partigiani italiani di deporre e consegnare le armi perché non volevano ostacoli sul cammino dell’annessione di Trieste alla Jugoslavia. La festa della libertà per la nostra città è oggi: quella libertà che consente a sparuti gruppuscoli di nostalgici di scendere in piazza sventolando la bandiera con la stella rossa. Quella libertà che se le truppe titoiste 75 anni fa non fossero state costrette ad abbandonare la città per decenni i triestini non avrebbero conosciuto”, conclude Savino.
“Oltre alle ricorrenze che Gorizia condivide con il resto del Paese – ha spiegato il sindaco Ziberna – come quelle del 4 novembre e del 25 aprile, ci sono per la nostra città alcune date particolarmente significative della storia contemporanea che riteniamo sia doveroso ricordare. All’elenco di queste ricorrenze abbiamo aggiunto la data del 12 giugno 1945, giornata che corrisponde alla vera liberazione di Gorizia. Mentre il resto d’Italia, infatti, si era già liberata dal giogo delle dittature totalitarie, Gorizia sarebbe stata di lì a poco occupata dalle truppe dei partigiani del maresciallo Tito, che, com’è noto, intendeva occupare la Venezia Giulia, Gorizia e Trieste in particolare, per arrivare al tavolo dei vincitori con questo importante bottino di guerra. Come sappiamo, Gorizia per più di quaranta giorni, a guerra finita, ha subìto la deportazione di oltre 650 goriziane e goriziani che avevano l’unica ‘colpa’ di poter rappresentare un ostacolo alla realizzazione delle velleità annessionistiche del maresciallo Tito”.
Critiche, oltre che dall’Anpi, sono arrivate anche da Rifondazione Comunista. “Siamo sconcertati da tanta approssimazione”, premette Roberto Criscitiello segretario regionale del partito. “Ribadiamo una lettura della storia che vede nell’aggressione nazifascista a Paesi liberi la causa di ogni violenza e crimine, all’interno di un conflitto mondiale che ha fatto contare sessanta milioni di morti. L’armata jugoslava faceva parte dello schieramento delle truppe alleate, riconosciuta dalle maggiori democrazie del tempo, e ha contribuito a mettere fine all’orrore nazifascista, dopo una guerra di Liberazione del proprio territorio occupato e martoriato dalle truppe di occupazione italiane e tedesche”.
“Le amministrazioni di estrema destra delle nostre città si stanno impegnando in una guerra delle date che sarebbe ridicola se non fosse tragica – prosegue il segretario -, contrapponendo il 12 giugno al 25 aprile, così come il 10 febbraio al 27 gennaio. Apprezziamo quanto affermato da Patrick Karlsen che, “da cittadino e non da storico”, rileva “un tentativo di contrapporre la presunta liberazione dall’occupazione jugoslava alla liberazione nazionale. Una scelta che non condivido e respingo con nettezza. A questo punto quale sarà la prossima proposta?”, si domanda sarcasticamente Criscitiello. “Attendiamo con ansia la celebrazione dell’ingresso a Trieste delle truppe naziste, oppure una festa del collaborazionismo”.