Essere giovani oggi è problematico. Molto di più di qualche anno fa. I ragazzi sono da una parte costantemente tentati di fare le valige e andarsene, dall’altra di restare ‘vivacchiando’ in attesa di tempi migliori. Per superare questa empasse, il sindaco di Udine Furio Honsell e l’assessore all’Innovazione Gabriele Giacomini hanno scritto ‘Prima che sia domani’, un libro a quattro mani nel quale si propone “un’alleanza tra padri e figli per ripartire”.
Assessore, nel libro lei rappresenta i figli. Qual è la situazione dei giovani?
“Sono in una condizione d’insicurezza. Alcuni si aggrappano a ciò che è più vicino, per esempio alla famiglia, che magari può garantire i contatti necessari per trovare un lavoro. Altri guardano all’estero, dove formazione e competenza hanno un peso maggiore. In entrambi i casi, si riscontra la difficoltà di uscire, organizzarsi e costruire qualcosa collettivamente. Insomma, i giovani cercano di ‘sfangarla’, sono senza respiro, in apnea. E così ci si rifugia in ‘mondi paralleli’”.
Ovvero?
“Per esempio, nelle situazioni di evasione serali, nelle quali la propria identità ‘notturna’, diversa da quella ‘diurna’, può essere fatta valere, aderendo a una sorta di ‘corpo danzante’. Una seconda identità, questa, sconosciuta ai propri capi, professori e addirittura familiari. Oppure relazionandosi con gli altri quasi esclusivamente nel mondo liquido dei social network, dove l’individualità, che nel quotidiano diventa anonima, si trasforma in individualismo”.
Lei è uno tra i più giovani assessori di una giunta che ha un’età media di 38 anni. Cosa ha scoperto amministrando?
“Che l’essere in giunta a fare delibere è solo il primo passo. Il secondo è trovare nuove prospettive, corrispondenze di valori e di obiettivi con le persone con cui lavori ogni giorno. La pubblica amministrazione deve essere aperta al mondo esterno, ma questa è, in buona parte, qualcosa ancora da conquistare”.
Ha trovato ‘muri di gomma’?
“In parte sì. Capita che tu sia considerato ragazzino e, quindi, c’è un pregiudizio nei tuoi confronti. E poi è diffusa l’idea che l’attività amministrativa si riduca al lavoro pubblico o al welfare, mentre il resto crea sospetto ed è difficile portarlo avanti. Non credo si tratti di cattiva volontà, quanto di mancanza di comprensione del mondo esterno, appunto. Il ‘solito’ rassicura e nella macchina amministrativa c’è una certa inerzia. Per i giovani, invece, il mettersi in gioco, a proprio rischio e pericolo, è tutto ciò che conta”.
Però ai giovani manca l’esperienza…
“Certo, ma la questione è che questa esperienza non riusciamo a farcela. Trovare come uniche opportunità lo stage, il lavoro a tempo determinato o le supplenze a singhiozzo non è un problema solo economico. Ci viene negata la possibilità di prenderci le nostre responsabilità. Così invecchiamo senza maturare e crescere. Cosa accadrà quando la ‘vecchia guardia’ dovrà mollare? O si rischia il vuoto, o la nostra generazione sarà saltata a piè pari dalla successiva”.
Questo vale anche per la politica?
“La politica è diversa. I giovani, lì, possono giocarsela di più. Il partito è di natura non specializzata (chi la fa per mestiere rischia di avere tanta esperienza, ma poche idee). Ogni nuova generazione ha voluto fare la propria ‘rivoluzione’ politica. Il problema di quella attuale è che ciò non accade. Ma così si lascia al potente il lusso di poter cambiare le cose in piena libertà”.