Fanno sul serio i sindaci che si richiamano al ‘Laboratori di Autonomie’ nato dalla sinergia di 16 sindaci di diverso colore politico, ma trasversale interesse per la difesa della Specialità. E, per dimostrarlo, hanno scelto proprio la data del 3 aprile, la ‘contestata’ Festa della Patrie dal Friûl, per presentare il loro Manifesto (già ribattezzato ‘la Carta di Mereto’ dal luogo che ne ha visto la firma) e annunciare anche le future iniziative, sempre più decise e mirate.
Bis molto richiesto
Dopo essersi presentati a Debora Serracchiani, che non ha avuto riserve nell’incontrarli e recepire la loro piattaforma autonomista, manifestando anche una timida disponibilità a discutere della partita della competenza primaria in termini di gestione del sistema dell’istruzione, i primi cittadini si preparano a varare, con l’aiuto dell’associazione ‘La Grame’, la seconda serie di ‘Lezioni di autonomia’, che già da fine mese prenderà il via in giro per il Friuli. Sarà un bis molto richiesto della riuscita iniziativa che l’anno scorso ha richiamato grande attenzione di pubblico. La formula cambierà, perché si tratterà più di seminari per amministratori con una focalizzazione su tematiche particolari.
Marilenghe, è mobilitazione
Ma, soprattutto, la vera sfida che sarà annunciata il 3 aprile sarà la mobilitazione a cui i sindaci chiameranno i loro colleghi dei Comuni perimetrati nell’ambito di applicazione della legge 482/99 per la tutela delle minoranze linguistiche storiche: sono loro infatti i potenziali componenti del nuovo organo che la Regione ha espressamente previsto nella riforma degli enti locali. In particolare, loro si pongono come obiettivo quello di avviare al più presto la convocazione dell’Assemblea della Comunità di lingua friulana che dovrebbe rappresentare i 178 Comuni che fanno parte del bacino friulanofono.
Appello ai capoluoghi
“Questo organo consultivo – spiega Diego Navarria, sindaco di Carlino che, con il collega di Mereto di Tomba Massimo Moretuzzo, coordina il Laboratori – si può costituire già entro la fine di maggio se i primi cittadini firmeranno l’adesione alla convenzione volontaria che la legge stabilisce come atto formale per l’avvio dell’Assemblea”. I sindaci non staranno certo ad aspettare che la Regione stimoli la convocazione di quest’organo: “è fondamentale la spinta dal basso – spiega Navarria – e sarà determinante partire almeno con una trentina di Comuni. In particolare, sarebbe politicamente un passo importante se aderissero le amministrazioni dei tre capoluoghi che parlano in marilenghe, Udine, Pordenone e Gorizia”. Con questi tre sindaci, l’Assemblea potrebbe davvero dirsi rappresentativa di tutto il Friuli.
Mezzo milione di rappresentati
Del resto è interesse dei Comuni esserci. Perché, in un Friuli dove le Province andranno a sparire, sarà questa la Camera di compensazione a cui la Regione dovrà sottoporre tutti i progetti di legge e gli atti di indirizzo che riguarderanno le minoranze. Si tratta di un organo consultivo, e non vincolante, ma esprimerà la voce di un’intera comunità linguistica che raggruppa – secondo le più pessimistiche indagini sociolinguistiche – almeno mezzo milione di individui. “Potrebbe diventare lo strumento giusto per valorizzare i nostri territori – chiude Navarria – e tutelare la marilenghe”, difesa sulla nell’articolo 6 della Costituzione, ma non altrettanto nella società e nelle istituzioni.
Partecipazione dei cittadini
L’attenzione dei sindaci tuttavia non va solo alle nuove architetture istituzionali. Ciascuno di loro si sta dando da fare “per far inserire negli statuti delle nuove Uti che stanno nascendo nuove forme di partecipazione dei cittadini e di condivisione delle decisioni. Solo così l’autonomia potrà rinascere dal basso, perché nella crisi della politica sta l’opportunità di un nuovo inizio per forme evolute di democrazia rappresentativa”. Di cui c’è gran necessità: preoccupa la gestione dell’acqua e anche la situazione del Credito cooperativo. E dopo il caso Coopca, di nuove grane la nostra economia non ha proprio bisogno.