Ogni primaria del Pd è una storia a sé: tanto che, dicono i maligni, se i dirigenti del partito mettessero nel parlare al Paese la stessa energia che mettono nello scannarsi l’un l’altro nelle frequenti competizioni intestine della loro compagine, alle elezioni non ce ne sarebbe per nessuno. Eppure il più grande partito “non vincente” del secondo millennio si prepara a una nuova stagione congressuale che sta entrando nel vivo (si fa per dire) anche in Friuli Venezia Giulia. Sì, perché anche questa competizione, come già avvenne nei casi che incoronarono Prodi e Veltroni, pare avere un risultato già scritto.
Qualcuno dà i numeri
I numeri circolati ad arte parlano chiaro e fanno sembrare questa contesa un plebiscito: il favorito è indubbiamente Matteo Renzi, a cui la sconfitta alle primarie dello scorso anno, a conti fatti, ha giovato quasi più di una vittoria. L’eccezionale traino mediatico e la rete di comitati a supporto ne fanno il vincitore annunciato con percentuali (l’unico dato che circola è un “sospetto” 83 per cento) che rendono lecite alcune perplessità.
La prima se la pongono gli stessi renziani della prima ora: dov’è finito tutto l’“apparato” che un anno fa – si diceva – era pervicacemente contrario al sindaco di Firenze? Bastava non vincere le elezioni a liquefarlo? In tal caso le politiche di febbraio devono essere state provvidenziali, perché lo spostamento del barometro politico nel partito appare totale, al punto da far ritenere ormai già avvenuta la “rottamazione” che Renzi ha adottato come “brand”.
Ma ora che lo sfasciacarrozze è entrato in azione sono gli stessi seguaci di Renzi a chiedersi se il carro del vincitore non si stia facendo troppo affollato. Non a caso i coordinamenti regionali vidimati dallo stesso sindaco di Firenze stanno monitorando i nuovi seguaci “troppo attivi” o che si spacciano per leader renziani quando la prima consuetudine che il “nuovo corso” vuole abbandonare è quella dei capibastone. Qui sono Paolo Coppola e Isabella De Monte le sentinelle più attive di Renzi, che comunque ha anche in Regione antenne più che sensibili a partire da Debora Serracchiani e Sergio Bolzonello, per procedere con Vittorino Boem e Chiara Da Giau.
Per uniformarsi alla presidente, però, si annuncia un vero e proprio diluvio di endorsement su Renzi anche da parte di molti dirigenti Pd che l’anno scorso l’avversarono, primi fra tutti gli ex della Margherita, che per comodità si definiscono “fioroniani”.
Intanto, anche le altre fazioni si stanno organizzando, ma in sordina. La sensazione è che qui, dove il centrosinistra è al governo, l’importante sia in fin dei conti non farsi troppo male, non dilaniarsi in faide che potrebbero a lungo andare avere riflessi sulla governabilità. E per questo la proposta arrivata in direzione regionale è stata quella di rinviare i congressi provinciali e regionale, per non scatenare troppe rivalità e aver più tempo per cercare, a ogni livello, soluzioni condivise e unitarie.
I non allineati
Ciò non toglie che la settimana scorsa si sono presentati a Udine i sostenitori di Pippo Civati che contano – quelli sì – ben pochi addentellati nella nomenclatura.
L’unico dei consiglieri regionali che ha sottoscritto la mozione Civati è Vincenzo Martines, ma la piattaforma del dissidente più “trendy” del Pd sta facendo molta presa soprattutto nei Giovani democratici e in chi lamenta troppo appiattimento sulle larghe intese.
Annunciato pure l’arrivo a Gradisca di Miguel Gotor, che da “maitre a penser” bersaniano si è riconvertito in sostenitore di Gianni Cuperlo: ad attenderlo ci saranno di sicuro Carlo Pegorer e Gianna Malisani, ma nonostante il suo documento sia senz’altro il più interessante, il candidato dai natali triestini non pare reggere il confronto con il futuro “segretario fiorentino”.
Il segretario fiorentino
Nella nostra regione il Pd punta prima di tutto a non farsi del male
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