“L’italiano è la lingua ufficiale della Repubblica. Tutti i cittadini hanno il dovere di conoscerla e il diritto di usarla”. E’ questa la proposta di modifica all’articolo 12 della Costituzione lanciata da Roberto Menia, esponente triestino di Fratelli d’Italia, eletto in Senato nel collegio ligure.
L’obiettivo del ddl è quello d’inserire ufficialmente la lingua italiana nel testo costituzionale, affiancandola alla parte relativa alla ‘bandiera della Repubblica’. Per il senatore “la lingua comune diviene elemento fondamentale d’integrazione. Quanto più la lingua italiana, con il suo portato di valori civili, morali e religiosi, sarà strumento di unione e integrazione, tanto più potremo guardare con fiducia e speranza al futuro dell’Italia e alle prossime generazioni di italiani”.
E le lingue minoritarie? Menia mette le mani avanti scrivendo, nel ddl, che “la sottolineatura dell’unità linguistica non è in contrasto con la conservazione delle lingue minoritarie, peraltro tutelate dalla Costituzione”, sottolineando, però, che la centralità dell’italiano non deve essere messa in discussione. In particolare a scuola, con chiaro riferimento all’insegnamento, anche del friulano, in classe.
La proposta ha sollevato immediatamente polemiche, anche nel centrodestra. “Nessuno tocchi il Friulano”, dichiara in una nota il senatore e coordinatore regionale Lega Fvg, Marco Dreosto. “Vorrei ricordare come le lingue minoritarie trovino la propria tutela nell’art. 6 della Costituzione italiana. La tutela e la promozione delle stesse, non solo è un diritto costituzionalmente garantito, ma è un fattore portante nelle società dove queste vengono parlate. Il Friulano, ad esempio, non può essere ridotto a sola lingua ma deve essere considerato uno strumento rinsaldante del popolo friulano, un elemento di unione per i tanti friulani all’estero e per la valorizzazione di quelle qualità umane e lavorative che hanno distinto il Friuli in Italia e nel mondo”.
“Necessario inoltre mettere in atto – e non boicottare – tutte quelle azioni volte a salvaguardare e tramandare l’identità del popolo friulano permettendo e dando gli strumenti ai nostri giovani – anche attraverso l’insegnamento nelle scuole – di continuare a parlare in friulano per trasmettere quei valori e tradizioni tramandate dai nostri nonni e genitori. Con l’istituzione di una legge speciale per la celebrazione della ricorrenza della fondazione del Patriarcato di Aquileia (3 aprile 1077), la Regione Friuli Venezia Giulia si pone l’obiettivo di mantenere salda l’identità del popolo friulano e della sua lingua. Una specialità che accresce – e non diminuisce – il patrimonio culturale, linguistico e identitario della nostra Regione. Per cui, in linea con le politiche regionali, ben vengano allora anche più – e non meno – tutele e una maggiore promozione – anche nelle scuole come da art. 4 della L. 482/1999 – della nostra lingua friulana della quale siamo particolarmente orgogliosi e fieri”, conclude Dreosto.
“Tutelare e garantire le minoranze linguistiche, come salvaguardare i dialetti e le lingue locali, non rappresentano certo un pericolo all’unità nazionale o al riconoscimento dell’italiano come lingua ufficiale della nostra Repubblica. Non confonderei mai i due piani, perché questo vorrebbe dire fare un salto indietro di decenni”. Lo afferma Sandra Savino, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, commentando l’iniziativa del Senatore Menia. “Il nostro è un Paese che si caratterizza – ha aggiunto – anche per la capacità che ha avuto, negli anni, di favorire un processo di integrazione tra culture differenti. E per fortuna, grazie alla lungimiranza dei padri costituenti, la nostra Costituzione tiene ben conto, tra i suoi principi fondamentali, della tutela delle minoranze linguistiche”.
“Proprio grazie alle loro specificità territoriali Regioni come il Friuli Venezia Giulia hanno ottenuto una particolare autonomia speciale. Un valore che va difeso, per gli ottimi risultati che nella nostra Regione abbiamo raggiunto in questi anni e che per nulla mina le basi della nostra identità nazionale”.
“Nessuna nostalgia per i nazionalismi novecenteschi. La valorizzazione delle peculiarità culturali costituisce un aspetto irrinunciabile per il Friuli Venezia Giulia, Regione orgogliosamente autonoma. Quelle di Roberto Menia, parlamentare eletto in Liguria, sono parole fuori dal tempo”. Lo afferma in una nota il capogruppo di Forza Italia nel Consiglio regionale del Fvg, Giuseppe Nicoli, ponendo l’accento sulla necessità di “promuovere le specificità territoriali, che arricchiscono i giovani nel loro percorso di crescita e maturazione anche a scuola. Non è ammissibile che qualcuno pensi di soffocare la nostra specialità a colpi di slogan nazionalistici. L’obiettivo è tendere verso un’Europa delle Regioni e questo percorso non può prescindere da una consapevolezza piena delle proprie radici e della propria identità”.
“La pandemia e la guerra – aggiunge l’esponente forzista – hanno riportato nel cuore dell’Europa antiche paure. Il pericolo cinese, a lungo latente e forse sottovalutato, si è palesato sotto forme diverse e molto impattanti. Il 2022 ha riportato la guerra nel nostro continente. Abbiamo il dovere di diffondere una cultura di coesione per dare sostanza al concetto di Europa delle Regioni e, cedere a derive nazionalistiche, significa mettere in discussioni conquiste culturali, storiche e geopolitiche preziose e irrinunciabili”.
“Questa è una Regione a statuto speciale, nella quale le minoranze linguistiche e gli idiomi locali – conclude Nicoli – rappresentano un tratto distintivo di cui andare orgogliosi. Pericoloso e avvilente che qualcuno pensi di annientare le specificità”.
“La proposta di legge è inquinata alle radici da un pregiudizio discriminatorio nei confronti delle lingue minoritarie e quindi delle stesse minoranze, altrimenti nessuno si potrebbe opporre a inserire la lingua di Dante nella Costituzione italiana. Il senatore Menia non vuole statuire il dato di fatto che l’italiano è la lingua ufficiale del nostro Paese, vuole alzare steccati contro un inesistente attacco delle lingue minoritarie, parlate da piccolissime percentuali di cittadini e proprio per questo da difendere”. Lo dichiara la senatrice Tatjana Rojc (Pd), esponente della minoranza slovena in Friuli Venezia Giulia, in merito al disegno di legge costituzionale a firma Roberto Menia che modifica l’articolo 12 della Costituzione aggiungendo un comma che definisce l’italiano “lingua ufficiale della Repubblica” precisando che “tutti i cittadini hanno il dovere di conoscerla e il diritto di usarla”.
La senatrice richiama “le tutele della legge 482/1999 e la Carta europea lingue minoritarie e regionali”, e considera “rivelatore il riferimento al nostro confine orientale, dove Menia rispolvera il ‘pericolo slavo’. Ma non siamo più nel Novecento e – precisa Rojc – io stessa non potrei sopportare di sentirmi definire ‘alloglotta’ come in certi tempi passati”.
“Nel Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia si può giurare e si può intervenire in aula in italiano, friulano e sloveno. Ciò in virtù delle nostre culture linguistiche, della nostra storia sul tanto tribolato confine. E‘ una ricchezza, una libertà e una risorsa per i nostri figli, cui è chiamato a essere garante il presidente Fedriga: da lui mi aspetto una chiara presa di posizione anche come presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome”. Lo chiede il segretario regionale Pd Fvg Renzo Liva, a fronte del ddl del senatore Roberto Menia (FdI) recante “Riconoscimento dell’italiano come lingua ufficiale della Repubblica”.
Il segretario dem ricorda “l’orgoglio di usare pubblicamente il friulano manifestato nel tempo da tanti consiglieri regionali e anche attuali assessori” e si chiede se “sono d’accordo con Menia o hanno qualche imbarazzo. Perché noi – conclude – abbiamo anche qualche brivido”.