Domenica 21 settembre, biblioteca di Pozzuolo del Friuli: il Front Furlan va a congresso il giorno dopo il referendum per l’indipendenza scozzese. “A significare che la questione dell’autodeterminazione, della sussidiarietà, dell’identità non è una battaglia di retroguardia, ma uno dei più entusiasmanti temi politici dell’Europa di oggi”. Ne è certo Federico Simeoni, che alle provinciali 2013 raccolse un lusinghiero 5,74 per cento con più di 12mila e 500 preferenze e ora si attende che il movimento spicchi il volo verso la definitiva maturità.
“Sarà il congresso del radicamento, della responsabilità e del rinnovamento” annuncia: perché lo slogan del movimento, “Vonde monadis”, ora va tradotto in azione politica incisiva. In Regione e sui vari territori.
Si candiderà per la segreteria o la presidenza?
“Fino al 19 si possono presentare le candidature e mi auguro che vi siano altri militanti che vogliono assumersi la guida di un movimento che cresce. Io ho già visibilità come consigliere provinciale e il Front ha bisogno di far crescere altre figure. L’autonomismo ha bisogno di linfa nuova e la mia generazione deve prendersi sulle spalle il messaggio dell’identità”.
L’autonomismo storico è da rottamare?
“No. Il discorso è più complesso. Il Movimento Friuli nacque in una terra che era martoriata dall’emigrazione per dare una prospettiva che facesse restare qui i giovani in un’ottica di sviluppo. Oggi i nostri cervelli, quelli su cui investiamo risorse in formazione, tornano a fare le valigie: serve quindi un nuovo scatto d’orgoglio, per dimostrare che siamo capaci di progettare il nostro futuro”.
Il 1 ottobre si svolgerà il referendum on line sull’indipendenza del Friuli. Che posizione avete?
“Non siamo mai stati coinvolti. Siamo indipendentisti da sempre, ma la questione è molto più seria e non si può affrontare con uno spot che si esaurisce in 24 ore. Il congresso valuterà come accentuare la nostra linea per dimostrare con studi di fattibilità di valore scientifico che il Friuli potrebbe essere autosufficiente nel contesto italiano ed europeo e quindi l’indipendenza non è utopia”.
Primo passo però sarebbe disarticolare la Regione …
“Esatto. E l’esistenza stessa del Movimento Trieste Libera, che ha sempre più forza nella città giuliana, significa che anche lì c’è chi si rende conto che le peculiarità di quel contesto, dalla portualità al particolare contesto socio demografico ed economico segnato dall’invecchiamento della popolazione, sarebbero gestibili molto meglio se Trieste fosse autonoma. E accanto a noi, a proposito di indipendenza, anche il Veneto è più avanti in fatto di dibattito politico. E alle regionali della prossima primavera il tema sarà uno spartiacque decisivo”.
Chi saranno i vostri alleati? Gli autonomisti sparsi sotto una miriade di sigle?
“Chi ha un sentimento autonomista sa che siamo interlocutori seri, ma già da tempo siamo molto più concentrati sul dialogo con i tanti che fanno veramente politica sul territorio al di fuori dei partiti italiani: intendo i tanti Comitati che tutelano i loro paesi. Il tema dell’acqua, a ben vedere, è molto legato alla sussidiarietà: siamo convinti di gestirla in proprio, ma in realtà la regaliamo a realtà che hanno testa e piedi fuori dalla regione. Serve un cambio di passo”.
Come vi organizzerete?
“Alle amministrative abbiamo seminato sui territori, dove siamo riusciti a far entrare nelle assemblee civiche vari consiglieri. Il movimento è cresciuto e ora potrà dotarsi di coordinamenti territoriali che si occuperanno dei temi locali, così il direttivo del Front avrà più libertà di formulare le proposte per la politica regionale”.
Dopo un anno in Provincia: che giudizio dà della gestione Fontanini?
“Salvo il suo interesse, autentico e purtroppo isolato nella sua stessa maggioranza, per il friulano. Ma non oso pensare a quali altri sprechi la Provincia avrebbe potuto concorrere se la Regione non avesse ridotto il flusso dei finanziamenti. Terra dei Patriarchi, Exe e Aussa Corno hanno creato voragini di cui qualcuno prima o poi risponderà”.
La Provincia va chiusa?
“Avevamo dato a Fontanini l’idea di mettere gli uffici di Palazzo Belgrado a disposizione della progettualità dei Comuni. Era un modo intelligente per uscire dal cul de sac, ma lui ha preferito lo scontro frontale centrodestra-centrosinistra. Che perderà”.
La Lega andrà a congresso la settimana dopo di voi. Possibile un dialogo?
“Il Carroccio ha gestito per vent’anni questo Paese e non può chiamarsi fuori ora ritornando su posizioni estremiste solo per convenienza politica. Se dal congresso uscirà solo una virata populista di estrema destra con proclami no euro e no immigrati, si andrà poco lontano. Se invece uscirà dal loro dibattito un’autentica intenzione di formulare una politica economica e fiscale autonoma in grado di ridare ossigeno a questa Regione, noi parleremo con tutti. Perché l’obiettivo è vitale.