Il Consiglio regionale va in pressing sul Roma per agevolare la rappresentanza delle minoranze linguistiche del Fvg in Parlamento. Nei giorni scorsi, l’assemblea regionale ha approvato all’unanimità – 36 voti favorevoli e un solo astenuto, il consigliere Luca Ciriani – un documento nel quale si chiede al Governo di rivedere la suddivisione del territorio in due collegi elettorali stabilita nell’Italicum.
Due collegi, questi, che spaccano la regione a metà: da una parte le province di Trieste e Gorizia, più il mandamento di Cervignano e i Comuni confinari a Est della provincia di Udine da una parte e il resto del Fvg dall’altra. E viene indicata anche la possibile via d’uscita: introdurre i collegi uninominali adottati in Trentino Alto Adige proprio per tutelare le minoranze linguistiche.
In sostanza, il documento, presentato da Claudio Violino (Misto), Igor Gabrovec (Pd Slovenska Skupnost), Riccardo Riccardi (Fi), Alessandro Colautti (Ncd), Barbara Zilli (Misto), Paride Cargnelutti (Ncd) e Roberto Revelant (Ar), fa proprie le richieste avanzate nelle settimane scorse dall’Assemblea della comunità linguistica friulana all’indirizzo dei parlamentari friulani e rappresenta una sorta di moral suasion, un invito a tener conto delle specificità del Fvg in sede di rivisitazione della legge elettorale.
Un passaggio, quest’ultimo, reso necessario dalla richiesta del presidente della Repubblica Sergio Mattarella di armonizzare le leggi elettorali di Camera e Senato dopo la bocciatura da parte della Consulta di alcuni ‘pezzi’ dell’Italicum. Nonostante la stessa Consulta abbia affermato che l’Italicum da lei emedato sia immediatamente applicabile, la rivisitazione dei collegi appare quantomeno opportuna, dal momento che erano costruiti sulla fallita riforma del bicameralismo perfetto.
La soluzione dei due collegi aveva già animato il dibattito politico in regione, anche se fuori dall’aula consiliare e divise lo stesso Pd. I critici la considerarono una norma semplicistica, favorita da una parte dai tempi stretti nei quali fu approvata e dall’altra che il governo mise la fiducia sul testo, cosa che non consentì di seguire un percorso politicamente ragionato.
Ora, a livello regionale sembra essersi ritrovata un’unità di vedute non solo a livello di Consiglio regionale, ma anche tra Regione e Comuni, tra Trieste e territorio.