Recentemente a Gemona è stato sottolineato, da più di qualche esponente della maggioranza e dai sindacati, che la ricostruzione del Friuli è iniziata dal lavoro e che ciò deve essere esempio per l’intero Paese. La nostra governatrice – e non solo lei – dovrebbe far seguire i fatti alle parole. I dati sono impietosi e i cittadini sono stanchi di proposte su riforme istituzionali, intercettazioni, assetti degli enti locali e manovre sulle pensioni dei comuni mortali. Sarebbe più opportuno passare a concrete proposte per il lavoro e non limitarsi alla sola assistenza. Tanti cittadini, vivendo la cruda realtà con pochi mezzi a disposizione, hanno la sensazione che dietro al paravento dell’Europa, della globalizzazione e della crisi istituzionale ci siano solo tanta burocrazia e tante tasse.
Stallo democratico
Se il Friuli è un modello per la ricostruzione dell’intero Paese, si metta in atto tale intento, con meno slogan e meno performance muscolari dei partiti, tesi a mantenere quel consenso che sta sfuggendo loro. Performance che mettono in luce una classe dirigente distinta e distante sia da chi la vota, sia da chi non la vota più (stando ai sondaggi il 50% dei cittadini). Con un centrodestra che rinuncia a fare politica sui grandi temi nazionali, un Pd che agita la bandiera referendaria come la madre di tutte le battaglie, una Lega che mira all’annessione di una destra che ancora sta facendo i conti a casa propria e con un Movimento 5 Stelle che talvolta ha paura di osare e che per ora alza il moloch della Costituzione, lo stallo democratico è garantito. Nel frattempo, tanti cittadini si chiedono perché l’Europa sia lenta nel prendere le decisioni e i nostri governanti invochino la stessa Europa per la soluzione dei problemi. Servirebbe, invece, un ragionamento semplice e realistico. L’Austria, con le recenti consultazioni politiche, ha suonato il campanello d’allarme. La chiesa ungherese anche. E noi? La nostra classe dirigente ricordi chi erano i nostri padri e i nostri nonni, per cosa hanno lottato e osato. Ascolti i disagi di famiglie e imprese, le difficoltà dei giovani, dando loro fiducia e l’orgoglio di essere protagonisti della ricostruzione del Paese. Il lavoro, fonte di dignità e libertà, sarà ancora una volta la risposta giusta. Il solo referendum non risolverà le cose. Il ‘con me o contro di me’ l’abbiamo già ascoltato. E non ha funzionato.