“Le critiche pubbliche del Pd, nazionali e regionali, in questo post-elezioni non sono state un bello spettacolo”, così l’analisi del sindaco di Ruda, Franco Lenarduzzi. “Si corre solo il rischio di alimentarne il malcontento e le fratture. Anche se la dialettica è tutto sommato normale: come nello sport, quando si perde la partita, la ricerca di capri espiatori e di responsabilità è prevedibile. Ma occorre, per chi è più che spettatore, andare oltre: non solo guardando alla forma di ciò che è accaduto, ma alla sostanza”.
“Mi riferisco alle condizioni della discesa in campo, oggettivamente improponibili per l’ampio divario di forze a sostegno delle coalizioni a confronto. Si dirà che anche le alleanze elettorali sono frutto di decisioni politiche e, come tali, anch’esse soggette a critiche. Però, che altra disponibilità avrebbe dovuto promuovere il Pd oltre a quella dimostrata in questa condizione?”, prosegue Lenarduzzi.
“Si potranno criticare superficialità, sbagli, ma non di certo la generosità dell’averci provato, in un contesto che, come quello della caduta del governo Draghi, aveva annullato ogni coordinata. Osservatori, opinionisti, leader politici a noi vicini, da sempre trovano nella scorciatoia della critica distruttiva verso il Pd una facile prassi. Quasi a non volergli perdonare di riuscire ad attraversare ogni tempesta e di mantenere, comunque, quella percentuale significativa per farne baricentrico di qualsiasi progetto alternativo alla destra”.
“Il risultato di questa critica è che flussi di elettori drenano dal Pd in direzione di liste già comunicanti, mancando l’obiettivo di allargare il consenso a elettori nuovi o coinvolgendo la partecipazione degli astenuti. Sta per partire una fase congressuale storicamente decisiva, che coinvolgerà anche gli assetti regionali, per formalizzare la chiusura di un ciclo e determinarne necessariamente l’apertura di uno nuovo. Analisi e autocritiche, a differenza che in passato, dovranno essere – in quella sede e stavolta inequivocabilmente! – schiette e dirette, foriere di un dibattito vero, severo, ma costruttivo e generativo: identità, organizzazione, leadership, rapporto con i territori, relazioni con gli stakeholder (economici, sociali, culturali) saranno oggetto di un confronto che dovra ridisegnare il Dna della nostra comunità e il nostro modo di essere rappresentativi. Ed è quello che ci si augura soprattutto l’intera regione”.
“Lo si faccia. Partendo, malgrado tutto, da quella concretezza che anima le nostre comunità, dove tanti bravi amministratori operano con competenza e passione. La nostra organizzazione, seppure apparentemente ammaccata, ha in sé le migliori risorse umane e ideali. Sì riparta da qui per creare percorsi nuovi, per contribuire alla costruzione di una visione alternativa alla destra per una regione viva, veramente autonoma, forte, e non una contea periferica del Veneto”, conclude Lenarduzzi.