Le disposizioni della Regione Friuli Venezia Giulia sulle piccole derivazioni idroelettriche escono indenni dall’esame della Corte costituzionale. La Consulta ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi contro alcune norme regionali sulle concessioni di tali derivazioni, salvando l’ex premier da un clamoroso ‘autogol’.
Nell’ottobre 2021 Draghi ha depositato il ricorso contro l’articolo 4 della legge regionale 13 del 2021 che prevede il rinnovo delle concessioni fino al 2031 e fino al 2036 per quelle fino a 220 kilowatt, quelle posizionate su condotte acquedottistiche e quelle realizzate da cooperative di autoconsumo o da un’amministrazione pubblica. Per l’ex capo del governo tali disposizioni sarebbero contrarie alla normativa europea sulla concorrenza e all’articolo 117 della Costituzione, secondo il quale la concorrenza è di esclusiva competenza statale.
In via principale, la Regione ha ribattuto che, in caso di accoglimento del ricorso, si dovrebbe applicare un regio decreto del 1933, per il quale lo Stato deve rinnovare le concessioni non per 10 o 15 anni, ma per 30. O, in alternativa, costringere il concessionario a rimuovere le centraline e a ripristinare l’alveo dei fiumi. Con buona pace dei principi della concorrenza, per ora accolti dal legislatore nazionale solo in riferimento alle grandi derivazioni idroelettriche.
“Risulta incoerente – scrive la Corte nella pronuncia – che si chieda di dichiarare costituzionalmente illegittima una disciplina più concorrenziale di quella precedente”.