Il Trentino viene spesso visto come un modello dal quale la nostra specialità deve prendere esempio. E, come il Fvg, la Provincia autonoma di Trento ha competenza primaria sulla Sanità. Possiamo ispirarci al Trentino anche in questo campo? Lo abbiamo chiesto a Paolo Bordon che, dopo una lunga carriera come dirigente nella nostra regione, è diventato direttore generale dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento.
Cosa l’ha spinta a cambiare regione?
“Ho sempre sentito parlare molto bene della Sanità trentina ed ero incuriosito anche dal fatto che, nelle classifiche nazionali sugli indicatori sanitari, Trento compare sempre nelle prime tre posizioni. Per la verità, mi sono sempre trovato bene in Fvg, ma avevo la necessità di mettermi in gioco e mettermi alla prova in un ambiente dove non conoscevo nessuno. L’esperienza è stata stimolante e gratificante, a partire dalla selezione: sono stato scelto tra 100 direttori sanitari da tutta Italia. Certo, il fatto di aver lavorato in Fvg è stato un bel biglietto da visita. E poi mi attraeva il modello organizzativo diverso”.
Parliamo delle differenze. Quali sono le più significative?
“A Trento c’è un’unica azienda che responsabilizza il direttore generale su 540 mila cittadini. Come se ci fosse una sola azienda per tutta la provincia di Udine. Inoltre, mentre in Fvg dovevo rispondere al direttore generale dell’assessorato, qui sono il primo responsabile tecnico e, rispondendo al solo assessore, partecipo in maniera attiva alle scelte strategiche”.
E quelle strutturali e di servizio?
“Ho trovato un livello molto alto di servizi e dio competenze professionali. Inoltre, qui vengono fatti forti investimenti sul rinovo tecnologico e sui progetti innovativi. Per esempio, grazie a un investimento di 118 milioni, è stato creato un centro per la terapia con i protoni per alcuni tipi di tumore. Ce ne sono 40 nel mondo e questo è l’unico in Italia di proprietà di una struttura pubblica. Il centro può lavorare su un bacino di 10 milioni di persone e quindi va oltre le esigenze dei soli trentini. In Trentino vengono pazienti da tutto il mondo e collaboriamo anche con i ricercatori dell’agenzia spaziale europea per testare i materiali da mandare nello spazio. Non solo sanità, dunque, ma anche fisica e ingegneria”.
Altre diversità?
“Penso alla rete dell’emergenza-urgenza. Da anni qui c’è la centrale unica del 118 e si è molto investito sugli elicotteri. Da 2 anni c’è il volo notturno, che ha permesso di dimezzare le morti da ictus e infarto prima dell’arrivo dei soccorsi, specie nelle zone più disagiate. E poi c’è una differenza di mandato tra ospedali. Qui ci sono gli ospedali di Trento e Rovereto (paragonabili a Udine e Pordenone) che fungono da hub, mentre gli altri 5 si sono specializzati nel ruolo di prossimità, specie per le cronicità”.
L’uso delle nuove tecnologie è differente?
“Sì, siamo più avanti soprattutto sull’informatizzazione. Il fascicolo sanitario elettronico del cittadino c’è da due anni e quasi 80mila cittadini, che così diventano parte attiva del processo, possono scegliere il medico di base, prenotare le visite e avere i referti digitali direttamente su pc o smartphone. La telemedicina, poi, è molto presente e alcuni pazienti sono monitorati direttamente a casa. Se qualcosa non va, è la struttura sanitaria a chiamare il paziente, non il contrario”.
Il Fvg è più avanti per qualche aspetto?
“Sì, a Trento c’è ancora un ricorso eccessivo all’ospedale e ci sono margini di crescita della medicina territoriale. I medici di medicina generale faticano un po’ a lavorare tra loro e a interfacciarsi con l’azienda. In questo senso, il Fvg è migliore”.
Cosa potrebbe imparare il nostro sistema sanitario dal Trentino?
“Oltre al volo notturno degli elicotteri, all’efficienza del sistema delle emergenze-urgenze e la differenziazione di ruolo degli ospedali, il Fvg potrebbe mutuare la logica di scambio di competenze dei professionisti. In Trentino, un medico non opera solamente nella propria struttura, ma ruota in più ospedali, facendo formazione e attività non solo nelle strutture periferiche, ma anche negli hub. Così si hanno professionisti più preparati e motivati”.
Lei è salito all’onore della cronaca per aver individuato una persona che si faceva passare per medico senza essere laureata…
“Si fanno controlli molto seri, così come in Fvg. Verrebbe da dire controlli asburgici. E’ un piacere aver avuto la conferma che i nostri uffici amministrativi sono molto scrupolosi”.