I comitati e gli attivisti del Fvg fanno squadra e lanciano un appello per chiedere lo stop allo sfruttamento delle acque per la realizzazione di nuove centrali idroelettriche.
“Nella prima metà degli anni ’50 i corsi d’acqua Vinadia, Degano, Navarza, Lumiei, Tagliamento e relativi affluenti sono stati indiscriminatamente derivati dalla Sade nelle centrali di Ampezzo e di Somplago lasciando gli alvei desertificati con gravi danni idrogeologici e ambientali e sconvolgendo il Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni con lo scarico in esso dell’acqua gelida e torbida della centrale di Somplago”, denunciano i comitati.
“Come se non bastasse, in questi ultimi anni stiamo assistendo a un vero e proprio assalto selvaggio e speculativo ai pochi residui corsi d’acqua della nostra montagna per la costruzione di centraline per lo più da parte di privati. Infatti, quello delle centraline idroelettriche è un investimento molto remunerativo grazie agli incentivi pubblici (i certificati verdi) pagati dagli utenti nelle bollette. Tale selvaggio assalto è confermato dalle 130 nuove domande di concessioni giacenti in Regione, per lo più di soggetti extraregionali. Assistiamo a un’accelerazione di questo assalto e anche, purtroppo, del rilascio di concessioni da parte della Regione. Un’accelerazione che, nonostante l’opposizione della popolazione, investe il fiume Fella con centrali che si susseguono “a catena” da Malborghetto a Resiutta, l’una captando lo scarico di quella immediatamente a monte, ma che investe anche gli ultimi due tratti rimasti allo stato naturale del torrente Degano”, si legge ancora nell’appello.
“La conferenza dei servizi il 5 gennaio 2021 ha approvato il progetto di un’ulteriore centrale che interessa il corso d’acqua dall’abitato di Forni Avoltri al ponte Temerat, mentre in Regione è in fase avanzata l’istruttoria di un progetto con opera di presa alla stretta di Comeglians e centrale ad Entrampo. Area questa che, unitamente al sovrastante Colle di San Giorgio, è catalogata dal Piano Paesaggistico Regionale come bene tutelato. Il tutto accade nonostante la ferma opposizione dei Comuni di Forni Avoltri, di Comeglians, di Ovaro e della popolazione. Così l’intero corso del Degano sarà sotteso dalle derivazioni idroelettriche per lo più facenti capo a soggetti estranei al territorio: il Degano sarà il torrente che fu! Questo assalto agli ultimi corsi d’acqua va fermato perché l’acqua è il bene comune e strategico per eccellenza, perché è fondamentale per la vita, per l’equilibrio idrogeologico, per l’ambiente e il turismo e non deve quindi essere sfruttata per arricchire gli speculatori. Tanto più che una volta ottenuta la concessione il titolare considera quell’acqua come “sua” ed è favorito dalla vigente legislazione nell’ottenimento di proroghe alla scadenza 30ennale della concessione, di modo che l’acqua “concessa” difficilmente ritorna nella piena disponibilità pubblica. Occorre quindi affermare con forza che la risorsa acqua non può essere utilizzata solo per produrre kW, che il suo utilizzo deve essere plurimo e giudizioso sul quale alle popolazioni locali spetta un ruolo determinante”.
I Comitati lanciano, quindi, un appello “ai Sindaci dei Comuni montani, alle Comunità di Montagna e al Consorzio BIM affinchè non si facciano allettatare dalle proposte di “compensazioni” al proprio Ente e non si accontentino delle briciole del banchetto altrui, quali sono i canoni e i sovraccanoni concessori, le interessate sponsorizzazioni, ma con il certo sostegno delle associazioni e dei cittadini si facciano invece interpreti della indilazionabile necessità di salvaguardare le ultime acque della montagna assumendo una comune presa di posizione da parte dei rispettivi Consigli, con cui si rivendichi un proprio ruolo dell’Ente Pubblico Locale in materia di utilizzo delle acque, che non sono infinite, e chiedano allo Stato l’abolizione degli incentivi all’idroelettrico che, mentre gravano sulle tasche degli utenti, favoriscono la speculazione sul “bene pubblico acqua”, desertificano i corsi d’acqua, ormai persino i ruscelli d’alta quota, danno un insignificante contributo al bilancio energetico nazionale; una modifica delle vigenti disposizioni, secondo le quali i produttori – cooperative escluse – consegnano l’energia ai convogliatori Terna e Enel”.
“Chiediamo una modifica che introduca l’assegnazione gratuita ai comuni, sul cui territorio insistono gli impianti, di una parte dell’energia prodotta rapportata alla potenza installata. Ciò analogamente a quanto previsto dalla recente Legge nazionale e regionale in materia di grande idroelettrico. Più in generale, chiediamo una nuova legge organica sulla/per la montagna atteso che l’ultima, la 1102, risale al lontano 1971; una legge che metta a disposizione strumenti di autogoverno e mezzi finanziari per superare il differenziale con la pianura urbana. Alla Regione di adottare una politica meno “elettricista”, più ambientalista e attenta al risparmio energetico”.
“La cartina, costellata dalle derivazioni idroelettriche in atto, dà l’immagine di un inaccettabile accanimento sulle acque e non può che suggerire ad ogni persona di buon senso un deciso ‘no grazie’ a nuove idrocentrali – tanto più in presenza della diffusione di più avanzate tecnologie verdi di produzione di elettricità – e di esigere che la Regione non rilasci ulteriori concessioni idroelettriche – fatte salve quelle di minicentraline funzionali a malghe, rifugi alpini e domini collettivi – sì da preservare gli ultimissimi corsi d’acqua e i loro brevi tratti rimasti ancora allo stato naturale, e di esigere inoltre di effettuare un’indilazionabile dettagliata rilevazione dello stato delle derivazioni idroelettriche su tutti i corsi d’acqua al fine di verificare la rispondenza delle captazioni in atto alle prescrizioni della concessione, prevedendo sanzioni severe, compresa la revoca della concessione, per i concessionari che derivano volumi d’acqua superiori a quanto autorizzato; di garantire non solo il reale rispetto del Deflusso Ecologico (D.E.), che nessuno rispetta e fa rispettare, ma una radicale revisione del concetto del D.E. considerato che nelle situazioni il D.E. si è rivelato non solo del tutto inadeguato a garantire una dignitosa portata nei corsi derivati, ma è venuto via via svolgendo addirittura una “funzione imbonitrice” per rendere più accettabile il proliferare delle centraline”, si legge ancora.
“Chiediamo una radicale revisione, che assuma il principio – e lo attui nella pratica – che dall’opera di presa va restituita un’adeguata portata che ripristini la dignità, la continuità sull’intero tratto e la fruibilità del corso d’acqua; di dare concreta e rapida attuazione al disposto dell’art.4 commi 35-38 della L.R. 6 agosto 2019 che prevede “Al fine di individuare le criticità del Lago dei Tre Comuni e proporre le conseguenti soluzioni finalizzate a recuperare le condizioni di naturalità del lago stesso e a garantirne la fruibilità, anche ai fini turistici, in conformità al Piano Regionale di Tutela delle Acque, è istituito presso la Direzione centrale ambiente ed energia, il tavolo tecnico denominato Laboratorio Lago dei Tre Comuni”. Il citato Piano Regionale prevede la realizzazione di un canale di by-pass che coinvogli le acque della centrale direttamente all’emissario del lago. Alla data odierna detto Laboratorio non ha elaborato alcuna soluzione: ulteriori ritardi non sono accettabili. Tanto più che la realizzazione del by-pass potrebbe rientrare nei finanziamenti europei e permetterebbe una soluzione integrata del ripristino della naturalità e fruibilità del lago, della fornitura irrigua alla pianura, di produrre energia elettrica nella centrale a2a di Somplago con un regime di produzione conforme alle esigenze del territorio e non solo degli azionisti lombardi come avviene ora, avuto presente che la centrale passerà alla Regione; di costituire senza ulteriori indugi una propria società energetica a capitale pubblico, indispensabile a seguito del passaggio alla Regione del grande idroelettrico, ma funzionale anche all’acquisizione delle centrali idroelettriche minori e centraline ubicate nel nostro territorio, in particolare di quelle facenti capo a “foresti”; di risolvere con adeguati interventi l’inaccettabile contraddizione per cui, i territori montani pur essendo grandi produttori-fornitori di energia idroelettrica, al verificarsi di eventi naturali anche di non particolare intensità, finiscono.. …al buio!”.
I comitati rivolgono un invito a tutte le persone amanti della nostra montagna “a non rimanere indifferenti – e quindi complici – davanti al saccheggio delle sue ultime acque e ad intervenire in loro difesa nei modi che ritengono opportuni; agli abitanti della montagna ad uscire dallo stretto giro dei soli interessi personali e ad occuparsi anche del territorio in cui vivono, il quale – diversamente – finirà per essere sempre più emarginato e sfruttato da altri”.