Benvenuti nella scuola del populismo, quella che ti cambia l’esame di maturità senza nemmeno dare un anno di tempo agli studenti per prepararsi su prove modello o prove esperte, ma nel contempo esorta ‘con circolare’ gli insegnanti a esonerare i ragazzi dai compiti per casa, in modo che si possano godere le ferie natalizie con le loro famiglie. ‘Staccare’ è impossibile, secondo il ministro all’Istruzione Marco Bussetti, che osserva come gli alunni italiani siano quelli con più compiti tra le mura domestiche, superati solo dai loro sventurati colleghi russi. I modelli a cui il governo pare ispirarsi sono altri, primo fra tutti la Finlandia. Dove non ci sono compiti: però la scuola è a tempo prolungato e la tecnologia è ovunque, a scuola come a casa. E la didattica è all’avanguardia.
In Italia però la ‘scuola digitale’ è ancora un miraggio per molti istituti. E non è certo colpa dei docenti, che però hanno sentito le stesse reprimende anti-compiti già dal ministro Stefania Giannini, che varò ‘La Buona Scuola’ per il governo Renzi, e addirittura dal ministro Franca Falcucci negli Anni ’80. Insomma, se si tratta di una ‘rivoluzione’ è piuttosto datata. E non si è mai realizzata. Perché? Cosa impedisce a quei burberi professori di lasciare i ragazzi in pace durante le vacanze? Perché accanirsi contro Babbo Natale, Gesù Bambino e la Befana e rendere indigesto il cenone di Natale al pensiero dei compiti da svolgere per il nefasto giorno del rientro?
Il problema è che i programmi curricolari nella scuola italiana sono i più completi d’Europa, ricchi ma difficili da esaurire nell’orario assegnato ai docenti. Orario che negli anni, complici le attività extracurricolari, l’Invalsi, l’alternanza scuola-lavoro e chi più ne ha più ne metta, si è sempre più ridotto. Il cane, quindi, si morde la coda. O si assegnano più ore ai docenti, o si ritarano i programmi, oppure il lavoro a casa è necessario per sviluppare le competenze richieste dai profili educativi che si vuole ottenere. Quelli che dovrebbero portarli agli esami di maturità che ancora sono avvolti in una nebulosa. Si sa che la carriera scolastica conterà di più, si sa qualcosa del tema di italiano, ma la seconda prova interdisciplinare e il colloquio sono misteri. E a sei mesi dall’esame, non resta che avere compassione delle povere cavie (i ragazzi di quinta) mandati allo sbaraglio nel nome della ‘riformite acuta’ che per l’ennesima volta colpisce i governi della Repubblica.