“Il Modello Friuli diventi legge quadro per le ricostruzioni post sisma”. È la proposta emersa nel convegno organizzato dalla Provincia di Udine per ricordare il 40mo anniversario delle legge n.546 dell’8 agosto 1977, seconda di quattro dispositivi che hanno accompagnato, dal punto di vista normativo, la ricostruzione in Friuli dopo il sisma del 1976. Un appello che si sostanzierà in una mozione di sentimenti da presentare al Parlamento e al Governo “e ai partiti politici affinché funga da base per la definizione di una legge ad hoc” ha sottolineato il presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini ma che viene rivolto prima di tutto a “Regione e Università di Udine affinché difendano il Modello Friuli di ricostruzione e lo valorizzino proponendolo alla società italiana, alle comunità a rischio, ai territori colpiti da terremoti, allo Stato nel contesto dei piani nazionali di prevenzione e di un rilancio dello stesso principio di sussidiarietà in relazione alla prevenzione dai rischi”.
Del Modello Friuli da prendere come punto di riferimento, c’è anche una precisa definizione illustrata nel corso dell’incontro dal professor Sandro Fabbro coordinatore di una pubblicazione che vede contributi di autorevoli protagonisti della ricostruzione come Diego Carpenedo, Luciano Di Sopra, Giovanni Pietro Nimis, Roberto Pirzio Biroli ed Enzo Spagna. “Il Modello Friuli è la sintesi di tre elementi – ha ricordato Fabbro -: l’applicazione sistematica di nuove tecniche per la riparazione antisismica di edifici tradizionali in muratura; un principio di ricostruzione degli insediamenti definitivi (“dov’era e com’era”) reso possibile anche da quelle tecniche; un sistema di relazioni -tra stato, regione ed enti locali-, fortemente decentrato verso il basso e, per certi aspetti, anche rovesciato dal basso verso l’alto”.
“Questa è l’essenza del dispositivo che ha consentito una ricostruzione in circa dieci anni senza sprechi macroscopici e rendendo possibile una incredibile, vivace ed efficace attivazione dal basso – ha aggiunto il docente -. Questo dispositivo ha fatto sì che ognuno facesse al meglio il suo dovere: dallo Stato fino all’ultima famiglia terremotata e viceversa: una capacità di cooperazione e di sussidiarietà rimaste, forse, uniche”. Per il costituzionalista Mario Bertolissi “la ricostruzione del Friuli è l’unico esempio compiuto di attuazione della Costituzione del 1948 in materia di sussidiarietà e leale collaborazione tra Stato ed enti locali. Ha addirittura anticipato la riforma del 2001 nella pari dignità e differenziazione delle competenze tra enti (Stato, regioni, province e Comuni).
“In Friuli – ha aggiunto Bertolissi – è stato sancito un patto reciprocamente obbligante tra centro e periferia. Ecco perché la storica frase “Il Friuli non dimentica” vuole dire che il popolo adempie a delle obbligazioni e, in questo contesto, la solidarietà diventa fonte delle responsabilità”. Il professore di Politica economica all’Università dell’Insubria Gioacchino Garofoli ha messo in evidenza l’importanza del legame tra identità territoriale e sviluppo economico, il collegamento tra ricostruzione e nascita dei distretti industriali in Friuli mediante l’attivazione di risorse interne. Giorgio Cavallo ha messo in luce il valore aggiunto del Modello Friuli nella gestione del post terremoto e in generale come modello di governo del territorio tanto da aver trovato consolidamento anche nella riforma costituzionale del titolo V della Costituzione, “il terremoto e la ricostruzione sono il riferimento fondamentale per la comunità che per la prima volta si riconosce esistente e con caratteristiche fortemente diverse. E che, in quei frangenti, riscopre lo stesso concetto di nazione. È stato un momento che ha consentito alle comunità di riconoscersi nella sua identità per poi portare questo contributo nel processo istituzionale, economico e sociale che è stato la ricostruzione”.
Hanno quindi portato il loro contributo alcuni esponenti politici dell’epoca sollecitati dal direttore del settimanale diocesano “La Vita Cattolica” Roberto Pensa. L’onorevole Giorgio Santuz, parlamentare della Dc ed ex Ministro dei trasporti ha ricordato la coesione dei rappresentanti friulani a Roma che ha prodotto una legge in cui sono stati inseriti elementi attuali ed essenziali per sviluppo della nostra terra. “Ci siamo concentrati sulle infrastrutture con il completamento dell’autostrada Udine-Tarvisio e la ferrovia Pontebbana. L’obiettivo non era solo la ricostruzione ma anche la rinascita tant’è che nella legge all’articolo 26 è prevista l’istituzione dell’Università di Udine organico strumento di sviluppo e di rinnovamento”. Roberto Dominici, assessore regionale alla ricostruzione, ha ricordato come la Regione ha saputo gestire quel delicato momento dal punto di vista finanziario e organizzativo delegando funzioni agli enti locali.
“La ricostruzione è stata affrontata e portata a positivo compimento grazie all’impegno di tutti. Tutti si sono sentiti comunità. Il terremoto ha stimolato valori essenziali che sembravano sopiti. Sono stati elementi aggregatori a sostegno della rinascita. Se il decentramento ha funzionato nella catastrofe, perché non dovrebbe funzionare adesso in periodo ordinario?”. E a proposito di sindaci in prima linea, ricco di aneddoti e sottolineature il contributo offerto da Franceschino Barazzutti, al tempo vicesindaco di Cavazzo Carnico che ha messo in luce il determinante impegno degli amministratori locali e dei tecnici comunali dell’epoca nella gestione della ricostruzione. “Persone che si sono assunte un compito storico e responsabilità onorate fino in fondo e supportate anche da una forte collaborazione con la comunità. Anche la gente si è sentita investita del problema tanto da impegnarsi da subito nella riedificazione delle proprie case. È stato un lavoro corale”, ha concluso Barazzutti.