Chi si aspettava dal Tar una parola risolutiva sulla riforma degli enti locali promossa e approvata dalla giunta Serracchiani è rimasto deluso. Il primo pronunciamento del Tribunale, del tutto parziale in attesa della seduta clou del 26 maggio, non è affatto una sentenza neutra e rimescola, se possibile, ancora di più le carte. Infatti, i primi verdetti permettono paradossalmente di cantare vittoria un po’ a tutti. Al punto che in seno alla maggioranza c’è chi esulta, come l’assessore Paolo Panontin, per sentenze che non minano in modo sostanziale la riforma. Anzi, spiega il padre putativo della legge 26/2014, “su questioni come la tutela della minoranza slovena il Tar esplicita che essa non solo non viene lesa, ma potrebbe essere perfino rafforzata”. Insomma, tra le pieghe dei pochi vaticini dell’oracolo del Tar non si vede l’ombra dell’incostituzionalità normativa denunciata dai 56 sindaci ricorrenti: e la giunta Serracchiani fa per questo un sospiro di sollievo, mostrando di voler tirar dritto e di voler varare le Uti con il prossimo 15 aprile.
Il caso di Tarcento
Peccato che c’è il rovescio della medaglia, ovvero il pronunciamento che riguarda la perimetrazione delle Unioni territoriali. Il tribunale ha sancito la possibilità di revisione per i Comuni di Tricesimo e Torviscosa: il primo potrà passare dal Tarcentino all’Udinese e il secondo da Latisana a Cervignano. Se nel secondo caso la ridotta dimensione del Comune e la cospicua entità degli ambiti non crea problemi di sorta, il caso del Tarcentino è davvero spinoso e rischia di incrinare lo stesso disegno della riforma. Infatti questa era già la Uti più piccola di tutte prima della defezione di Tricesimo. Si dà il caso che anche il Comune di Reana del Roiale abbia fatto ricorso in senso analogo e non si vede perché il Tar dovrebbe avere orientamento diverso. Quindi Tarcento perderebbe in un colpo solo un quarto degli abitanti della sua Uti e, con Magnano in Riviera a questo punto pronto a smarcarsi e passare al Gemonese, l’Uti del Torre perderebbe la massa critica che ne giustificherebbe l’esistenza.
Valzer dei desideri
Il principio invocato dal Tar è quello che non si può venir meno all’ascolto dal basso dei Comuni. In questo modo, la configurazione delle Uti potrebbe subire drastiche modifiche. Per esempio il già citato Tarcentino potrebbe essere accorpato d’imperio al Gemonese. Ma se Tricesimo non sente di appartenere al Tarcentino e piuttosto sceglie di gravitare verso Udine, perché Faedis, sempre per esempio, dovrebbe accettare il Gemonese e non la vicina Cividale? Il valzer dei desiderata delle singole amministrazioni riaprirebbe il vaso di Pandora dell’intera riforma, che Debora Serracchiani non ha per ora alcuna intenzione di rivedere. A meno che il 26 maggio non diventi una Caporetto senza ritorno: eventualità che, a dire il vero, le sentenze del Tar finora emanate non prefigurano. E questa è già una bella sorpresa pasquale per una presidente che nell’approvare la riforma degli enti locali non si sarebbe mai aspettata un tale calvario.