Di mestiere fa l’avvocato, e per questo la difesa è la sua specialità: ma certo Mario Anzil non si sarebbe mai aspettato di doversi cimentare in difesa della specialità. “L’autonomia della Regione è a grave rischio e lo è pure quella dei nostri Comuni” spiega il sindaco di Rivignano Teor, che lancerà entro fine primavera un’idea non nuova, “ma che è ora di realizzare. Pensiamo che i tempi siano maturi per una mobilitazione dal basso per il mutamento dell’assetto istituzionale di questa Regione. Vogliamo, proporre attraverso un referendum, l’assegnazione al Friuli e a Trieste dello status di province autonome, sul modello di Trento e Bolzano. Siamo aree in tutto e per tutto omogenee alle due entità del Trentino Alto Adige per popolazione e per configurazione geografica: una soluzione analoga potrebbe essere l’unica chiave di volta per dare un futuro alla comunità regionale”. E anticipa a ‘il Friuli’ che tra circa un mese chiamerà a raccolta chi vuol tentare la sfida: “se aspettiamo i partiti, a Roma o in Regione, non ce la faremo mai. Toccherà fare come hanno sempre fatto i friulani, cioè di bessoi…”.
Come è nata la vostra idea?
“Vede, io e il mio collega di Teor, Fabrizio Mattiussi, ci consideriamo amministratori virtuosi, poiché abbiamo guidato la fusione dei nostri due Comuni e questo processo ha portato grandi benefici, liberando risorse per le nostre comunità. Tutti lo hanno additato a esempio. Per questo non ci stiamo ad assistere a un attacco senza precedenti ad aspetti fondamentali della Costituzione, come l’autonomia e la sussidiarietà, minati da riforme istituzionali che accentrano i poteri in mano a uno Stato che vuole prendersi, a nostro danno, quella fetta di sovranità che ha ceduto alle istituzioni sovranazionali come l’Ue. Si tratta di atteggiamenti replicati anche a livello regionale da una riforma degli enti locali che vanifica gli sforzi di razionalizzazione che i Comuni come il nostro hanno già fatto”.
Come passerete all’azione?
“Abbiamo già contatti con un gruppo di amministratori, giuristi, imprenditori con i quali abbiamo vagliato la proposta. Aspettiamo di formularla nei suoi contorni precisi prima di estenderla alla comunità e verificare quanti friulani sono interessati a passare dalla protesta al bar a un impegno per la loro terra. Gli strumenti ci sono: la Regione prevede il referendum propositivo. Servono, però, 15 mila firme: per questo occorre la condivisione di tutti.
E’ il momento giusto?
“E’ l’ultimo treno. Questo è un momento in cui i diritti acquisiti degli individui e delle comunità sono messi in discussione. Bisogna trasformare tali difficoltà in un’opportunità e proporre soluzioni diverse che ci permettano di mantenere le nostre prerogative. Noi ci proviamo con un progetto inclusivo per unire tutti, al di là degli orientamenti di destra o sinistra che poco contano su questioni come l’autonomia e l’etica di governo”.
Non gioverebbe coinvolgere i partiti?
“No. Se un’iniziativa del genere facesse da stampella a un partito, perderebbe di colpo il sostegno del resto della comunità. E c’è il rischio che il tema, in mano a forze già presenti in Consiglio regionale, venga depotenziato. I partiti, diciamocelo, hanno sempre meno presa sulla società. Non potrebbero sostenere un’opzione del genere perché dovrebbero spiegare, se è cosa buona, come mai non l’hanno ancora realizzata…”.
Da loro si aspetta reazioni positive?
“Non mi pongo il problema. A me interessa la gente e alla nostra proposta colgo, per il momento, solo reazioni positive. Gli unici tiepidi sono per ora proprio i politici, di ambo le parti. Ma è tempo di andare oltre gli steccati e proporre il modello altoatesino, unito a una revisione generale delle prebende pubbliche”.
Cioè?
“Per dare la dimensione della serietà della nostra proposta, dovremmo integrarla con un ulteriore paletto: se dobbiamo gestire da soli le nostre risorse, dobbiamo farlo con un tetto a tutti gli stipendi di ogni genere e tipo nel pubblico impiego in enti o partecipate della Regione. Eletti o burocrati non fa differenza: stipendi da nababbi come in Aeroporto o a Mediocredito coi soldi dei cittadini non si devono pagare più”.