La Regione può costringere i Comuni a esercitare funzioni assieme, ma non ad adottare lo Statuto dell’Uti. Per questo, i commissariamenti voluti dalla Regione dopo la mancata approvazione sono nulli. Sono queste le decisioni del Tar di Trieste sul ‘braccio di ferro’ tra 56 Comuni del Fvg e la Regione in merito alle Unioni territoriali intercomunali, peraltro rilevando alcune lacune nella normativa imputabili al legislatore. Insomma, la legge sarebbe anche scritta male.
Le sentenze del Tar sono due per ogni Comune che ha ricorso e raggruppabili in due gruppi. “Il primo – spiega l’avvocato Enrico Bulfone (nella foto), rappresentante dei municipi – prende in esame il primo atto amministrativo dopo l’approvazione della legge, vale a dire il Piano di riordino che individua le Uti. Su questo fronte, che riguarda la mancata consultazione, le penalizzazioni economiche e la governance, il giudice non ha trovato rilievi d’incostituzionalità. Il Piano non pregiudica i Comuni in quanto la Regione può costringerli a esercitare assieme alcune funzioni. Sui rischi non attuali, invece, il Tar ha sottolineato che non può prendere in esame atti non ancora emanati. Il giudice, invece, ci ha dato ragione per quanto riguarda i commissariamenti, che sono stati annullati. Riteniamo, comunque, che ci siano ampi margini per riproporre il tema dell’incostituzionalità al Consiglio di Stato, se i Comuni decideranno in tal senso. E siamo pronti a impugnare ogni atto amministrativo futuro”.
Se, dunque, la Regione ha avuto soddisfazione per quanto riguarda l’incostituzionalità, è stata ‘bacchettata’ sull’altro fronte. Entrando nel dettaglio, il Tar ha fatto notare come la Regione ha la possibilità di sostituirsi alla conferenza dei sindaci, ma solo nel momento in cui non viene presentata la proposta di atto costitutivo di statuto dell’unione. L’approvazione di tale proposta, invece, è una libera scelta. “Nel caso di mancata approvazione da parte della conferenza stessa, si tratta – si legge nella sentenza – dell’espressione di una volontà, sia pure non diretta dei cittadini ma mediata da parte dei loro rappresentanti, su di un atto costitutivo e uno statuto, costituendo essi una mera proposta, che proprio per la sua natura può essere rigettata”.
Insomma, la Regione non può sostituirsi ai Comuni se la loro decisione è negativa. “L’interpretazione opposta – continua il Tar – renderebbe superflua la decisione della conferenza dei sindaci, che diverrebbe, se negativa, poco più di un flatus vocis, in quanto in caso di mancata approvazione questa potrebbe essere superata dalla sostituzione regionale, con un chiaro vulnus al principio costituzionale di democraticità e rappresentatività”. Senza contare che tale interpretazione, continua il giudice, rischierebbe di portare d’ufficio la materia davanti alla Corte costituzionale.
Durante il dibattimento, la Regione ha osservato che “sarebbe paradossale che il potere sostitutivo della regione potesse intervenire solo nella fase iniziale della predisposizione di una bozza dell’atto costitutivo e dello statuto e non durante la ratifica”. Il giudice ha rilevato che “non si tratta di un paradosso, ma di una lacuna della normativa regionale, imputabile al legislatore sovrano”.
Uti: il Tar annulla i commissariamenti della Regione
Legge scritta male: "Nella normativa lacune imputabili al legislatore"
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