Giornate intere chiusi in casa con la pressione causata dal timore del contagio e dalla forzata inattività lavorativa e sportiva hanno spinto la maggior parte delle persone a dedicarsi, durante il lockdown, alla preparazione di pietanze varie, anche piuttosto elaborate. La cucina come hobby da clausura, quindi, e anche come modo per trasformare il pasto in famiglia in un evento speciale, capace di allentare la tensione quotidiana. Un discorso che vale per molti e che ha generato anche allarmi e facile ironia sui social riguardo ai rischio di ingrassare, mangiando di tutto e a tutte le ore. Ironia e allarmi che hanno provocato un eco speciale in tutte quelle persone che soffrono di disturbi alimentari. Ecco perché il loro numero è esploso durante e dopo il lockdown. Una sorta di epidemia secondaria che lascia il segno.
L’ironia che fa male
“Nei mesi di reclusione forzata la scorsa primavera e di nuovo adesso, con le restrizioni agli spostamenti, si è parlato moltissimo di cibo, di alimentazione, di ricette. Il risultato è stato destabilizzare le persone per le quali il cibo è un problema serio accentuando anche la severità di eventuali comorbilità psichiatriche.
Inoltre, una forte pressione emotiva può rendere fragili e portare a perdere il controllo degli impulsi: la ricerca di un appagamento nel corso di uno stress da isolamento prolungato può avvenire anche attraverso il cibo.
Quindi, gli stessi meccanismi che possono favorire l’abuso di alcol e di sostanze (legali e illegali) possono essere chiamati in causa per i disturbi dell’alimentazione.
Le abbondanti scorte alimentari presenti in casa facilitano le abbuffate e alimentano una serie di meccanismi per il controllo del peso (uso di diuretici e lassativi, vomito indotto)”.
A fare il punto della situazione è Liliana Giust, presidente di Adao (Associazione disturbi alimentari e obesità) del Friuli.
Sotto pressione
A peggiorare la condizione delle persone ammalate sono intervenuti anche altri fattori.
“L’isolamento sociale rispetto ai gruppi di coetanei è stato decisivo per chi è più fragile e già di suo tende a non essere estroverso – prosegue Giust – . Ai pazienti si consiglia sempre di coltivare le relazioni interpersonali, invece il lockdown le ha impedite, se non in forma virtuale. Inoltre è stata limitata la possibilità di praticare attività fisica ed è aumentato il timore di prendere peso, portando a ulteriori restrizioni dietetiche.
Un ulteriore punto è la forzata convivenza 24 ore al giorno con i familiari che può generare o accentuare le difficoltà interpersonali. Infine, a causa del lockdown, l’offerta di cure si è drasticamente ridotta. I servizi ambulatoriali in presenza si sono limitati alle urgenze, anche se molti professionisti hanno mantenuto il contatto telefonico o via web con i giovani ammalati. Purtroppo dobbiamo ammettere che non è la stessa cosa”.
Infezione più pericolosa
Da considerare anche gli aspetti sanitari strettamente legati al Covid-19 per i pazienti con disturbi alimentari.
“Per le persone sottopeso, il rischio di contrarre l’infezione è più alto. La malnutrizione, la riduzione delle riserve di grasso corporeo e un eventuale malfunzionamento intestinale influenzano la capacità del corpo di difendersi dalle infezioni e aumentano la possibilità che si verifichino squilibri metabolici ed elettrolitici, che possono aumentare il rischio di insufficienza respiratoria e di arresto cardiaco.
Inoltre, la profonda astenia, in caso di infezione può aumentare il ricorso a cure mediche ospedaliere e alla respirazione assistita”.