E’ stato pubblicato sulla rivista Life lo studio sulla prevalenza e persistenza della sindrome da post-Covid in un gruppo di malati di Trieste e Gorizia, nato dalla collaborazione fra l’Unità Clinico Operativa di Medicina del Lavoro e l’ambulatorio post-Covid nato nel dipartimento di Prevenzione AsuGi per rispondere a questa problematica sul territorio.
In alcuni pazienti Covid, i sintomi sembrano persistere anche dopo la malattia acuta, con sequele le cui cause sono ancora poco chiare a potenzialmente carico di vari organi.
Nell’ottobre 2021 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha formulato una definizione di post-Covid come una condizione caratterizzata da “storia di probabile o confermata infezione da SARS-CoV-2, di solito a tre mesi dall’insorgenza del Covid, con sintomi che durano almeno due mesi e non possono essere spiegati con una diagnosi alternativa”.
Questa presunta sindrome, persistente dopo il Covid acuto, è stata successivamente denominata “Long Covid” dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del Regno Unito, che l’ha definita “una raccolta di segni e sintomi che si sviluppano durante o dopo un’infezione consistente con Covid, persistente per più di quattro settimane e inspiegabile altrimenti”.
La prevalenza del Long Covid varia molto da Paese a Paese, in base ai criteri (variabili) con cui viene definito, al tempo di follow up dalla malattia acuta, allo stato vaccinale del paziente e all’emergenza di nuove varianti SARS-CoV-2.
La maggior parte degli studi condotti finora si è focalizzata sulla raccolta descrittiva dei sintomi in tempi relativamente brevi, concentrandosi sui pazienti ospedalizzati dopo un Covid severo. Lo studio AsuGi, invece, ha valutato la persistenza dei sintomi per più di un anno in popolazioni in età lavorativa (quindi relativamente più sane), durante la fase iniziale della pandemia – quando circolavano varianti SARS-CoV-2 più gravi (come la Wuhan e Alpha) e la maggior parte delle persone non era ancora vaccinata (quindi presumibilmente era più suscettibile al virus).
Questo studio di follow-up ha, quindi, indagato i sintomi post-Covid a distanza di 15 mesi dalla malattia acuta nella popolazione di AsuGi durante la prima fase della pandemia (prima parte del 2021), considerando pazienti in età lavorativa (età 14-67 anni) che erano seguiti dalla clinica ambulatoriale post-Covid istituita a Trieste dall’8 dicembre 2020 al 6 dicembre 2021, presso il Dipartimento di prevenzione a San Giovanni.
In questo studio sono stati esaminati 272 pazienti che erano afferiti all’ambulatorio post-Covid di Trieste dall’8 dicembre 2020 al 6 aprile 2021, e che si erano precedentemente infettati nel periodo dall’1 ottobre 2020 al 3 marzo 2021, durante il quale sono stati notificati 22.073 casi totali di Covid in AsuGi. Dopo aver escluso i pazienti non in età lavorativa (<14 e > 67 anni) il numero finale di pazienti dello studio si era ridotto da 272 a 252. Questi pazienti si erano rivolti all’ambulatorio a vari intervalli dalla malattia acuta, complessivamente dopo un tempo mediano di 49 giorni dalla rispettiva diagnosi di Covid acuto (mediante tampone Pcr positivo per SARS-Cov-2). La visita medica nell’ambulatorio è stato il primo follow-up dei sintomi post-Covid, dove, oltre alla valutazione clinica (che includeva anche esami di laboratorio e strumentali se necessario) condotta da un medico specialista in malattie infettive, ai pazienti veniva somministrato anche un questionario per raccogliere informazioni socio-demografiche, sul Covid acuto e su eventuali condizioni cliniche di rilievo.
Fra il 7 febbraio e il 7 maggio 2022, a distanza mediana di 15 mesi dalla diagnosi iniziale di Covid-19, gli stessi 252 pazienti sono stati richiamati a telefono per il secondo follow-up dei sintomi post-Covid. Dopo aver escluso cinque irreperibili, 247 pazienti sono stati valutati al secondo followup telefonico, sempre condotto con intervista strutturata. Al secondo follow-up veniva indagata anche la capacità lavorativa residua.
Al primo follow-up (tempo mediano 49 giorni dalla diagnosi iniziale) i sintomi più frequenti riferiti dai pazienti erano astenia (80,2%), mancanza di respiro (69,6%), deficit di concentrazione (44,9%), mal di testa (44,9%), dolori muscolari (44,1%), artralgie (43,3%) e anosmia (42,1%).
Al secondo follow-up (tempo mediano di 15 mesi dalla diagnosi di Covid) nel 75% dei casi i sintomi persistenti post-Covid riscontrati al primo follow-up si erano risolti. Al primo follow-up i fattori di rischio per i sintomi neurologici erano il sesso femminile e l’età avanzata, mentre i sintomi psichiatrici si associavano a sesso femminile e depressione pre-esistente, che risultava essere un fattore di rischio anche per disautonomia funzionale.
Al secondo follow-up solo le femmine manifestano sintomi psichiatrici, mentre i maschi esibivano una capacità lavorativa mediamente più alta. Inoltre, i sintomi neurologici al secondo follow-up erano più probabili nei pazienti con co-morbidità preesistenti. Infine, la persistenza di sintomi della durata di oltre 200 giorni dalla diagnosi di Covid in pazienti esaminati al primo e al secondo follow-up aumentava con la depressione precedente al Covid e in modo lineare con l’età del paziente.
A distanza di 15 mesi dalla diagnosi (secondo follow-up) il 75% dei pazienti con sintomi era ritornato alla condizione pre-Covid, quindi pochi hanno avuto la persistenza a lungo dei sintomi. Inoltre, il rischio di sintomi persistenti per più di 200 giorni al secondo follow-up si associava (oltre che con l’età avanzata) con storia di depressione, sostenendo l’ipotesi che il long Covid possa essere in parte spiegato da condizioni psicologiche pre-esistenti. La riabilitazione e il supporto psicologico del paziente Covid dovrebbero pertanto giocare un ruolo chiave nell’assistenza dei pazienti affetti da long-Covid.