I detrattori lo hanno paragonato al ‘metodo Di Bella’, il medico che nel 1997 annunciò di poter curare il cancro con una terapia alternativa, senza chemioterapia. Per migliaia di pazienti che chiedono di accedere al protocollo di cure con le cellule staminali, però, rappresenta l’unica fiammella di speranza in un oceano di disperazione. Il metodo Stamina è al centro dell’attenzione mediatica e politica. La Camera, infatti, il 20 maggio 2013 ha approvato il decreto che consente a chi ha già iniziato le cure con questo metodo di continuarle, prevedendo contemporaneamente l’avvio di una sperimentazione della stessa terapia.
L’ultima parola spetta, però, a Stamina, che nei giorni scorsi ha frenato sulla sperimentazione, a causa di alcune condizioni che non sembravano garantite, come la preparazione delle staminali per la terapia ‘in laboratori non farmaceutici’. Ne parliamo con Davide Vannoni, presidente della onlus Stamina Foundation, specializzato in neuroscienze cognitive e professore associato di Ergonomia cognitiva all’Università di Udine.
Quando sono cominciati i suoi rapporti con la nostra regione?
“Nel 2001 ho vinto il concorso dell’Università di Udine divenendone professore associato. Nel 2009, invece, ho cominciato il rapporto di collaborazione con Marino Andolina all’ospedale di Trieste. È stato allora che abbiamo nuovamente portato in Italia le cure con le staminali tramite il centro trapianti di Trieste in cui Andolina era responsabile dei trapianti e terapia cellulare”.
Andolina è ancora al suo fianco?
“Certamente, è il vicepresidente della mia fondazione, affrontiamo tutte le difficoltà insieme. Oltre ad esserci un grande rapporto d’amicizia guardiamo al futuro con la stessa visione umanitaria”.
Il vostro metodo prevede la cura con le cellule staminali mesenchimali. Di che cosa si tratta?
“Sono cellule staminali che si trovano nella parte spugnosa dell’osso. Le estraiamo e le coltiviamo in appositi terreni. Qui, in particolari condizioni sperimentali, si è osservato che hanno la capacità di differenziarsi come cellule di tessuti con diversa origine, come quello nervoso o quello epatico. Una volta trapiantate nel paziente hanno la capacità di rigenerare il tessuto compromesso”.
Lo scorso 20 maggio, la Camera ha votato il Decreto Balduzzi che avvia la sperimentazioni con cellule staminali secondo il metodo Stamina. Il testo però, è stato modificato rispetto a quello già approvato dal Senato il 10 aprile. Il nodo della questione è determinare se le cellule staminali trattate debbano essere considerate farmaco o trapianto.
“La Camera ha votato un nuovo emendamento, ciò significa che per metà del Parlamento le cellule staminali sono un farmaco, mentre l’altra metà, ovvero il Senato, le considera trapianto. Probabilmente la Camera non ha capito la portata dell’intenzione del Senato, il Decreto Balduzzi avrebbe cambiato l’Europa. E’ una diatriba con risvolti economici e teorici legati alla poca conoscenza delle cellule staminali. Siamo davanti ad un eccesso di prudenza, ciò che da una parte potrebbe tutelare i pazienti, dall’altra nega loro l’unica possibilità di sopravvivenza”.
Riassumendo, il decreto prevede la sperimentazione clinica per l’uso di cellule staminali mesenchimali, a carico del ministero della Salute, finanziandola con tre milioni di euro. Qual è il ruolo di Stamina adesso?
“Stamina aspetterà di essere convocata dal Ministero. Visto che è stato garantito che la metodica non cambierà, siamo disponibili a fare le sperimentazioni in base alle direttive farmacologiche. Se invece la metodica verrà stravolta, non saremo disponibili a collaborare”.
E in questo caso cosa succederà?
“Continueremo le cure presso l’ospedale di Brescia. Questo significherebbe che i pazienti dovrebbero continuare a vincere le cure davanti ad un giudice per l’approvazione della terapia e avanti così”.
Storia di un percorso a ostacoli
La creazione di Stamina Foundation è legata all’esperienza personale di Vannoni, che si è curato egli stesso con cellule staminali. Dopo alcune controversie, che hanno portato la ricerca prima a Torino, poi a San Marino, Trieste e infine a Brescia, si apre la possibilità di sperimentare in tutta Italia l’uso delle cellule staminali. Porte aperte dunque alla sperimentazione clinica del metodo Stamina, che dal 1 luglio e per 18 mesi sarà promossa dal Ministero.
Il professor Vannoni ricorda che “saranno sperimentate le cure soltanto su due o tre patologie, questo significa che, se i risultati saranno positivi, potranno essere applicate in molti campi. Nel frattempo tutte le persone che soffrono di altre patologie dovranno aspettare che vengano sperimentate le cure riferite ai loro casi. Il Parlamento ha trasformato una cura sperimentale in una sperimentazione su pochi pazienti, poche patologie e molti costi”. Al fine di esaltare il principio di trasparenza sarà istituito anche un Osservatorio che stilerà una relazione ogni sei mesi.