La pandemia ha sconvolto la vita di milioni di persone e messo in ginocchio un intero sistema che spesso non si è dimostrato pronto a produrre soluzioni in tempi brevi e soprattutto nell’interesse della comunità. L’emergenza ha avuto un impatto negativo anche su tutto il sistema assistenziale regionale.
Ne è una prova evidente la chiusura di molti ambulatori nelle strutture ospedaliere che seguono i pazienti cronici, come lo sono le persone portatrici di stomia. In questo contesto, l’associazione Aris – Associazione Regionale Incontinenti e Stomizzati, facente parte della Fais – Federazione delle Associazioni Incontinenti e Stomizzati denuncia lo stato dell’ambulatorio di stomaterapia dell’ospedale di Pordenone, già notevolmente depotenziato negli ultimi anni. Le associazioni pazienti puntano il dito innanzitutto sul servizio assistenzale, profondamente carente per il limitato numero di ore di apertura del centro.
“Negli ultimi due anni – sottolinea Marco Cimenti, presidente dell’Aris – l’ambulatorio è stato aperto in media sei ore alla settimana. C’è stato solo un momento (ultimo trimestre del 2019) quando, a seguito di incontri con l’allora commissario straordinario dottor Possamai, le ore di apertura furono portate a diciassette alla settimana con evidente miglioramento del servizio e soddisfazione dei pazienti. Nel 2020, in concomitanza della pandemia di Covid-19, l’orario di apertura del centro è ritornato a sei ore a settimana e il servizio è notevolmente peggiorato, ritornando ai livelli del 2018/2019″.
“Infatti, ciò determina inaccettabili tempi di attesa per le visite periodiche degli stomizzati. Al momento vengono presi appuntamenti per aprile-maggio 2021, ma siamo certi che i tempi si allungheranno. Altro grave problema è il tempo dedicato alle prenotazioni delle visite che devono essere fatte telefonicamente tra le 15.30 e le 16 del mercoledì. Chi ha fatto la prova a chiamare il numero di telefono lo trova sempre occupato e quando si scivola di qualche secondo oltre le 16, il sistema informatico è inesorabile e rimanda il malcapitato alla settimana successiva. Insomma, una situazione insostenibile per le stomizzate e i loro famigliari”, conclude Cimenti.
“I problemi però non si esauriscono qui: il centro, infatti, non riesce a supportare i pazienti appena operati nella prima cruciale fase di utilizzo di presidi del tutto nuovi come quelli per stomia, non per mancanza di personale specializzato, ma perché quello esistente viene dirottato verso altre mansioni. A tal proposito va ricordato che il confezionamento di una stomia è da considerarsi spesso un trauma che condiziona fortemente la vita della persona. Basti pensare alle trasformazioni che avvengono al proprio corpo per capire quanto sia importante essere assistiti, soprattutto subito dopo l’ospedalizzazione. È intuitivo, quindi, come i pazienti appena operati siano particolarmente fragili nella gestione di ausili e presidi di cui non conoscono nulla e che devono assolutamente imparare ad usare per evitare in tempi brevissimi, prima di lasciare l’ospedale. Il tutto è acuito anche dal fatto che la Chirurgia delle Mici a Pordenone è la più attiva del Fvg e genera un alto numero di stomizzati che hanno bisogno di supporto”.
Le associazioni denunciano poi anche disservizi legati all’errata collocazione del centro stomizzati: “inserita oggi nell’ambito della gastroenterologia, caso unico in Fvg dove invece gli altri centri sono in ambito chirurgia. Infine, non mancano problemi anche di tipo logistico. Infatti, le indicazioni (luogo, orari e telefoni) sul sito dell’Ente si riferiscono alla collocazione vecchia nell’ufficio della caposala della gastroenterologia, e quindi non c’è possibilità di una corretta e puntuale informazione”.
“Siamo coscienti del fatto che l’emergenza Covid sia una priorità, ma questo non vuol dire mortificare l’assistenza ad altri pazienti, come gli stomizzati, i quali, soprattutto nel periodo post ricovero, necessitano di formazione e assistenza specifica perché da questo dipende la qualità di vita”, aggiunge Pier Raffaele Spena, presidente nazionale della Fais.
“Colpisce, in tal senso, l’assoluta insensibilità dimostrata dalla Direzione generale dell’azienda sanitaria Friuli Occidentale alle continue richieste di attenzione alle problematiche da parte delle associazioni, l’unico riscontro avuto in ottobre si è concluso con tante promesse, che non hanno avuto alcun riscontro. Ci sentiamo presi in giro. Qualora il silenzio da parte dell’Ente dovesse proseguire non escludiamo di attivare forme di protesta più incisive” conclude Spena.