Dopo una certa età, una lenta perdita di minerali dalle ossa è normale o meglio fa parte delle numerose modificazioni che il nostro organismo subisce con l’invecchiamento. Se è eccessiva e la massa ossea scende al di sotto di determinati livelli, allora si può arrivare all’osteoporosi. Si tratta di una malattia particolarmente subdola, perché mina la resistenza del nostro scheletro senza campanelli d’allarme. Almeno finché non compaiono le fratture, che possono limitare sensibilmente la qualità della vita.
“Questa patologia – spiega il reumatologo Luca Ciprian – normalmente non presenta sintomi e non provoca dolore, ma è importante poterla riconoscere in tempo, per prevenire i rischi maggiori, ovvero quello di una frattura. Quella dell’anca è, tra tutte, la più problematica: il 5 per cento delle persone che la subisce muore in fase acuta, il 15-25 per cento entro un anno dall’evento. E solo meno della metà dei pazienti torna, dopo un anno, a camminare autonomamente”.
Un percorso innovativo
Per agire d’anticipo, la Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier (Treviso) offre un innovativo percorso diagnostico. “Nel nostro reparto di ortopedia, abbiamo a disposizione un macchinario unico nel suo genere – continua Ciprian – che unisce densitometria ossea (Dxa) e morfometria, per valutare la struttura della colonna vertebrale senza sottoporre il paziente a ulteriori radiazioni. Nell’arco di una mattinata, poi, possiamo completare le indagini attraverso una serie di analisi del sangue, compreso il dosaggio della vitamina D e del paratormone. La diagnosi si conclude con una visita specialistica, nella quale calcolare il livello di rischio e mettere a punto la terapia su misura”.
A chi si rivolge
“Questo percorso – prosegue il medico – è particolarmente indicato per gli anziani e le donne in post-menopausa, le più soggette all’osteoporosi primaria. Ma è indicato anche per i pazienti che hanno registrato fratture da traumi inefficaci (ovvero quelli che, di norma, non dovrebbero provocare danni alle ossa, ndr), specie al polso, o soffrono di altre malattie croniche – in particolare tiroidee, reumatologiche, tumorali o altre patologie trattate con cortisone – perchè potrebbero essere a rischio di sviluppare un’osteoporosi secondaria, ovvero legata ad altri fattori”.
Diverse le tipologie di trattamento, che andranno valutate in base alla storia clinica del paziente e al suo grado di rischio. “Nella maggior parte delle persone, può essere sufficiente la somministrazione di calcio e vitamina D, ma disponiamo anche di farmaci anti-riassorbitivi, che diminuiscono o bloccano l’erosione dell’osso, riducendo considerevolmente le fratture patologiche. Terapie particolari potranno poi essere valutate caso per caso”, conclude Ciprian.
Per informazioni: www.giovanni23.it