Migliaia di cittadini sono tappati in casa in quanto positivi al tampone o perché sono in attesa di farlo, dopo che un famigliare si è contagiato. Si tratta di 14.755 persone (dato dell’11 dicembre), cifra più che quadruplicata rispetto a un mese addietro, quando tra le pareti domestiche erano confinati in poco più di 3.200. Il decorso della malattia per alcuni avviene senza problemi, per altri a si rivela una vera e propria via crucis anche se non è stato necessario il ricovero e sono bastate le attenzioni del medico curante e del medico dell’unità speciale di continuità assistenziale (Usca).
PAURA DI PEGGIORARE – E’ ritornato al lavoro Graziano Pizzimenti, assessore regionale alle Infrastrutture, rimasto in isolamento per molti giorni: “Comincia ad andare meglio e sto riprendendo un po’ di ritmo, ma questo virus si è rivelato un pessimo cliente. Non avevo nessun sintomo e il tampone l’ho fatto soltanto perché un mio famigliare aveva sintomi ed era risultato positivo. Il giorno dopo ho cominciato ad avere i primi sintomi: febbre che è arrivata fino a 38,5°, durata per sei giorni, ma dal primo giorno e fino al ventesimo avevo un mal di testa che non mi dava tregua, quasi che lil capo fosse stretto da una cintura e non c’era verso di farlo passare nonostante gli antidolorifici. I medici dell’Usca, mi hanno tranquillizzato anche se il cointatto è avvenuto per via telefonica dati i sintomi limitati. A chi mi chiede la differenza tra influenza normale e Covid 19 spiego semplicemente che con la prima se si prende una pastiglia si sta meglio, mentre per il secondo i farmaci sembrano non fare effetto. Per non parlare del terrore, soprattutto nei primi giorni, che le cose peggiorino all’improvviso, come accaduto a molte persone che conosco. Una cosa mi ha aiutato molto: non mi sono mai sentito solo e non parlo soltanto dei messaggi che mi arrivavano di continuo per sapere come stavo e mi hanno tirato su di morale. Pensando alle polemiche sulle restrizioni dico che vista la spaventosa capacità di contagio di questo virus bisogna fare qualcosa per limitarla. A patto che le restrizioni siano puntuali e non generiche mi pare fuor di dubbio che servano, se non altro per evitare che gli ospedali vadano in crisi”.
IL RISVEGLIO SENZA FIATO – Chiuso in casa dal 10 novembre invece Flaviano Mamolo, responsabile della Squadra comunale di Protezione civile di Majano, che ha passato momenti difficili: “Ho appena fatto il tampone di controllo, nella speranza che certifichi la fine della malattia, ma ho vissuto giorni pesanti. La prima a contagiarsi è stata mia moglie. Al tampone è risultata positiva e sono dovuto restare a casa assieme a lei che però se l’è cavata con 4 giorni di febbre e un po’ di stanchezza. Al sottoscritto è andata peggio: perdita di gusto e olfatto, febbre, dolori ovunque e poi anche problemi respiratori tanto da renedere necessario l’intervento del medico Usca, che ha prescritto ossigeno, antibiotici, cortisone, eparina e via dicendo”.
Esperienza dunque molto pesante, nonostante i suoi 46 anni e lo stato di salute eccellente: “La notte che ho cominciato a respirare male – ricorda Mamolo – ho temuto il peggio. Dormivo sul divano del soggiorno e mi sono svegliato boccheggiando senza avere neppure la forza di alzarmi in piedi. Ho afferrato una sedia che avevo accanto e ho cominciato a sbatterla sul pavimento per attirare l’attenzione dei miei famigliari. Quando è arrivato mio figlio l’ho implorato con un filo di voce perché aprisse le finestre perché stavo letteralmente boccheggiando. Sono riuscito a calmarmi. Ho trascorso la notte terrorizzato dall’idea di essere ricoverato, ma per fortuna me la sono cavata restando a casa”.
RECLUSO IN CAMERA – “Vivo chiuso in camera da quando sono risultato positivo – ci ha raccontato Christian Romanini, vicesindaco di Campoformido -. Dentro casa è difficile restare isolati avendo anche bimbi, ma cerco di restare il più distante possibile e indosso sempre la mascherina. Ora mia moglie e i piccoli dormono in una camera e io in un’altra. Il problema è che per lavarci abbiamo un solo bagno e dobbiamo fare molta attenzione. Non ho capito da chi sono stato contagiato e quando sono risultato positivo ci sono rimasto malissimo, perché ero convinto di essere negativo, anche se avevo qualche linea di febbre. Il virus mi ha colpito nonostante abbia fatto mille attenzioni, abbia sempre indossato la mascherina e mi sia disinfettato continuamente le mani. Ho contattato il mio medico curante ai primi sintomi. Il giorno dopo, dato che la temperatura aumentava, mi ha fatto subito il tampone. Il primo campanello d’allarme è stata la febbre che ha toccato i 38°. L’olfatto è sparito rapidamente. Dopo il test rapido, ho annusato il vasetto dell’origano e sono rimasto malissimo quando non ho sentito alcun profumo. Sentendo cosa è accaduto ad altri, comunque non mi lamento. Aspetto che la malattia faccia il suo decorso ben sapendo che ognuno reagisce in maniera differente”.
Il contagio colpisce anche il Palazzo
Le dimensioni della seconda ondata sono talmente grandi da aver travolto non soltanto ospedali e case di riposo, ma pure municipi e istituzioni. Ben due esponenti di spicco della Giunta Fedriga hanno dovuto restare confinati in casa (oltre a Pizzimenti del quale abbiamo raccolto la testimonianza si trova in isolamento anche l’assessore all’Ambiente Fabio Scoccimarro). Va pure peggio nei municipi, dove nonostante le precauzioni ormai non si contano gli amministratori contagiati, come a Pordenone con il sindaco Alessandro Ciriani, a Udine con l’assessore Giovanni Barillari, a Manzano con l’assessore Valmore Venturini mentre il suo sindaco Piero Furlani è in quarantena per la seconda volta. Tampone positivo anche per il sindaco di Cividale Daniela Bernardi e per il suo vice, il deputato Roberto Novelli, per il vicesindaco di Campoformido Romanini (sopra la sua testimonianza) e, per il sindaco di Valvasone Arzene Markus Maurmair.