La pandemia non si porta dietro solo i problemi sanitari in senso stretto, la crisi economica, le difficoltà sociali. Tra il prezzo che rischiamo di pagare a lungo termine c’è quello della salute, intesa non soltanto come una condizione di benessere biologico, ma anche psicologico. Il disagio, le difficoltà, lo stress, l’ansia rischiano di minare la salute di ognuno di noi, ma possono avere conseguenze particolarmente gravi quando riguardano giovani e giovanissimi.
Disturbi in aumento
“E’ sotto gli occhi di tutti la crescita esponenziale della domanda di assistenza psicologica – commenta Roberto Calvani, segretario nazionale e presidente Fvg dell’Ordine degli psicologi -. Lo verifichiamo ogni giorno: le richieste di aiuto ai numeri verdi di assistenza psicologica sono aumentati del 30% quest’anno. Un incremento significativo. Sono per lo più le famiglie o gli insegnanti, che vedono modificato il comportamento di un ragazzo, che sollevano il problema. Iperattività, difficoltà di attenzione, impossibilità di trascorrere le lezioni seduto sono segnali importanti, così come il rifiuto di alzarsi dal letto la mattina o di uscire dalla propria stanza.
Il ripetersi di queste condotte genera allarme negli adulti vicini, che sono spinti a chiamarci. È proprio per questo che la nostra categoria potrebbe rivestire un ruolo fondamentale per creare salute sia nell’ambito di un lavoro di team nel quale noi potremmo essere decisivi, a patto che si definisca la ‘messa a sistema’ della professione, mediante idonee forme di coordinamento delle risorse professionali a livello di aziende sanitarie. Per esempio, negli ultimi mesi, il 30% degli accessi in Pronto soccorso per problemi cardiologici, in realtà erano attacchi di panico. Una diagnosi differenziale che si potrebbe fare prima anche al di fuori delle strutture sanitarie proprio con l’intevento degli psicologi e che si rivelerebbe fondamentale per evitare di intasare gli ospedali”.
Nello specifico ambito di bambini e ragazzi, gli interventi dovrebbero essere ‘di prossimità’. “Chiediamo anche l’inserimento della figura dello psicologo nelle scuole – propone Calvani -. In questo caso, la scelta è in capo ai diversi istituti, ma osserviamo che solo le scuole superiori, e nemmeno tutte, hanno avviato gli sportelli per gli studenti, mentre quando si parla di scuole primarie o di secondarie di primo grado, la figura dello psicologo scolastico è rara”.
Incubo senza fine
Eppure questa ‘seconda ondata’ della pandemia sembra essere persino peggiore della prima, a guardare dal punto di vista della psicologia. “La scorsa primavera a prevalere era la paura, ma c’era anche la speranza che l’incubo finisse presto. Adesso c’è la consapevolezza che la battaglia sarà lunga, mentre le implicazioni economiche e sociali sono più pesanti, col risultato che il disagio tra adulti e ragazzi aumenta anche fino a estreme conseguenze. Il ritmo sonno – veglia è alterato, così come quello delle giornate. Alimentazione sregolata e assenza di sport avranno certo delle conseguenze. L’abbandono scolastico, specie alle superiori, è più frequente, i disturbi dell’apprendimento sono più invasivi. Ansia, disturbi dell’umore, depressione sono elementi con i quali faremo i conti per anni.
La solitudine incide molto, se si pensa che ben 9.000 persone in Fvg vivono da sole e che il lockdown impedisce i contatti umani. Le tecnologie possono compensare in parte l’isolamento, ma la sostituzione del reale con il virtuale non è sufficiente”.
Come superare queste difficoltà? “Continuando a investire sul futuro – conclude lo psicologo -. Costruire progetti, portarli avanti e persino realizzarli, pensando che anche l’epidemia avrà una fine, è un buon modo per affrontare questo periodo”.
I RISCHI IN BASE ALL’ETÀ
FINO AGLI 11 ANNI – L’attività principale dei più piccoli è il gioco e in questo senso il confinamento influisce di meno perché permette comunque di svolgere queste occupazioni. L’impostazione delle relazioni sociali, invece, è più compromessa dalle limitazioni alle attività sportive e ricreative di comunità. I disturbi che si manifestano nei bambini riguardano per lo più il comportamento, con iperattività, sintomi di regressione, irritabilità, ansia, alterazione dei ritmi biologici e disturbi del sonno.
A lungo andare questi stati possono riflettersi persino sulla capacità di apprendimento.
TRA I 12 E I 17 ANNI -I ragazzi di questa età cercano le relazioni interpersonali, per cui lo stop alla scuola e alle attività extrascolastiche compromette molto le loro vite. Molto diffusa è l’alterazione del ritmo del sonno con tendenza al cosiddetto ‘ritardo di fase’ (adolescenti che vanno a letto molto più tardi e non riescono a svegliarsi al mattino per collegarsi alle lezioni online), come in una sorta di ‘jet lag’ domestico. Si osservano anche ansia e la sensazione di mancanza d’aria, instabilità emotiva con frequente irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore.
TRA I 18 E I 25 ANNI – Per i ragazzi più grandi la didattica a distanza delle lezioni universitarie non è stato un grande problema, anche in virtù della loro dimestichezza con le nuove tecnologie. Anche le relazioni interpresonali si sono mantenute con gli strumenti a disposizione. Quella a essere stata maggiormente colpita, invece, è stata la loro fiducia nel futuro, con conseguenti depressione e demotivazione a impegnarsi nel costruire il proprio domani, che si sono manifestati smettendo di impegnarsi negli studi o nella ricerca di un lavoro.