Dopo 10 anni di indagini che non avevano portato ad alcuna diagnosi e in seguito al quarto intervento chirurgico, la presidente dell’Associazione Endometriosi Fvg Onlus, Sonia Manente, nel 1999 ha scoperto di soffrire di endometriosi. E’ entrata così in contatto con numerose donne affette da questa patologia femminile ancora oggi poco conosciuta sebbene molto diffusa. Ha sentito quindi l’esigenza nel 1999 di fondare un gruppo di auto-aiuto a Conegliano. Dal 2000 si è impegnata in prima persona nella nostra regione assieme ad un gruppo di donne residenti in Friuli – Venezia Giulia per venire in aiuto ad altre donne affette da questa patologia, fino a fondare nel 2006 l’Associazione.
Quando ha scoperto di soffrire di endometriosi?
“L’ho scoperto al quinto intervento chirurgico, dopo oltre 18 anni di mancata diagnosi”.
Come lo ha scoperto?
“Facevo un day hospital, per sintomi persistenti, nel reparto di Udine di Immunologia, quando iniziai ad avere tanti dolori, inesplicabili per i medici, e così fui sottoposta al quinto intervento chirurgico presumibilmente per appendicite, che però era a posto. In questo intervento il chirurgo di Chirurgia generale mi diagnosticò l’endometriosi”.
A chi si è rivolta e chi l’ha aiutata?
“Mi sono rivolta a un gruppo di donne a livello nazionale, originarie di Prato, Conegliano e Milano che stavano creando un’associazione di volontariato. Nel 1999 non c’erano tutti questi social, siti, blog. C’erano soltanto le prime chat. Scrivevi e arrivava il messaggio dopo un bel po’. Solo il telefono ti permetteva di stare davvero in contatto con altre persone. Aggregandomi a queste donne abbiamo iniziato a fare i primi incontri di auto aiuto. Al tempo, la maggior parte delle donne aveva la mia stessa situazione. Comunque le donne con lo stesso problema sono state di grande aiuto e, di conseguenza, ho ricambiato: sono attiva oramai da19 anni”.
Qual è stato il momento più difficile?
“Uno dei momenti più difficili, visto che sono tanti. Quando ti trattano da persona che vuole essere malata. Il dolore che provi è forte (in diversi parti del corpo): dolore che non si vede, dolore che ti consuma perché diventi quella persona che non vuole fare niente, magari con farmaci che hanno forti effetti collaterali con ripercussioni nel tempo. Nessuno ti chiede come va, anzi, ti evitano. Mi è successo ancora negli anni precedenti, esattamente 7 anni prima, alla diagnosi, di perdere il lavoro, perché avevo superato i giorni di malattia a favore del lavoratore. Poi, purtroppo, nel tempo subentrano problemi immunologici e quindi è necessario trattare anche quelli, con difficoltà. Insomma, non è mai finita con un problema di questo tipo. Quando ti senti frustrato e ti mancano di rispetto parenti, amici e colleghi di lavoro, ti trattano come una persona non valida, è davvero devastante. Hai dei periodi molto duri, non ti sembra di meritare nulla, ti pare di essere un peso e di non venire considerato. Lo stress di questo tipo, forte e demolente, non aiuta. Come sapete, lo stress può agire in diversi modi, anche peggiorando il dolore. Se non hai un carattere forte, non riesci a toccare il fondo e risalire con una nuova forza, con tanta voglia di fare, perché essere offesi in questo modo nel profondo è ancora più forte e devastante del dolore, a mio parere. Alcune volte, per farti capire, cerchi di fare pena alle persone, ma poi, se non hai quel tipo di carattere, non riesci ad accettare di fare compassione, non vuoi stare in quello stato. A me venne la voglia di emergere, di dire: ‘Ok mondo, io ci sono, io so fare, ho un bagaglio di vita, personale, professionale di tutto rispetto, che non considerano, perché la società è così’. Chissà per quale motivo, le dinamiche sono complesse. Allora ho ritentato, ho lavorato tanto quando mi è stata data la possibilità (purtroppo non sempre), mi sono formata e credo nella formazione sia a livello personale di crescita, sia per il lavoro. Ho portato avanti tanti progetti (regionali e nazionali come leggi e indagini nelle scuole) per L’Associazione Endometriosi Friuli Venezia Giulia Onlus. Credo che ognuno di noi debba avere una seconda possibilità nella vita ma, per quanto mi riguarda, nulla è gratuito: sembra che si debba dimostrare il doppio quanto vali e che vali nella tua interezza”.
Oggi come convive con l’endometriosi?
“Convivo con l’endometriosi e con i problemi immunologici nel miglior modo possibile, ma lo stress non aiuta, anzi. Comunque, lo faccio sostenendo le donne, le coppie, stimolando il territorio, le istituzioni portando avanti io stessa i progetti”.
Come le è cambiata la vita?
“E’ cambiata diverse volte, nei diversi attimi, nelle diverse età durante i quali affronti i momenti di cambiamento o di delusione. Sono certa che rifarei quello che ho fatto, ma con una consapevolezza diversa, senza sentirmi sminuita e fragile in alcuni frangenti. La forza che ho trovato in me stessa è stata importante e mi auguro di trovarla sempre. Credo che questa forza la debba soprattutto a me stessa. Ritengo che esista un mondo là fuori che ti accetta per quella che sei, comunque diventando sempre più concreta, pratica nel ‘fare’ e che si possa fornire alla società la propria persona per creare un mondo più facile, agevole e a misura di donna, bambino e anziano, non solo per chi soffre per questa malattia, ma per un insieme di valori che portano a fare cultura e, quindi, a ‘contagiare’ altre persone. Ognuno di noi è un veicolo, ognuno di noi può diffondere la pace, la voglia di fare”.