I Disturbi del comportamento alimentare sono una malattia, non un ‘capriccio’, espressione di disagi profondi che trovano attraverso il cibo (rifiutato o, al contrario, consumato in eccesso), la propria espressione. “Per prima cosa, va chiarito che i Dca non sono un problema socio-sanitario marginale”, spiega Donatella Martini, presidente dell’Associazione Fenice Fvg che, dal 2008, è un punto di riferimento per pazienti e famiglie nella nostra regione. “In Italia ci sono oltre 3 milioni di persone affette da disturbi alimentari e si stima che 2,3 milioni siano adolescenti, fascia d’età per la quale queste patologie rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali”.
“Nella nostra regione, nel 2019 sono stati oltre 700 i pazienti attivi (ovvero che hanno ricevuto prestazioni sanitarie, ndr) di cui l’88% di sesso femminile e il 12% maschile”, spiega ancora Martini. “L’anoressia nervosa è stata la prima patologia (35%), seguita da bulimia (15 %) e da ‘Binge Eating’ (25%). Tra gli adolescenti e i giovanissimi prevale l’anoressia nervosa. I disturbi emergono in prevalenza tra i 12 e i 25 anni, ma ultimamente l’età d’insorgenza si è abbassata, interessando la fascia dagli 8 ai 14 anni. Per il Binge Eating (abbuffate senza compenso), invece, abbiamo avuto un incremento tra la popolazione con più di 40 anni”.
“La pandemia da Covid-19 ha sicuramente influito su queste patologie: isolamento sociale, modelli di magrezza e mondo virtuale, con fisici apparentemente perfetti, hanno accentuato un problema già presente. I dati riportati dalle autorità scientifiche rilevano che i disturbi alimentari sono aumentati del 30% dall’inizio dell’emergenza sanitaria”, prosegue Martini. “Ma c’è stato anche un blocco dei ricoveri, in particolari nei centri diurni, residenziali e semiresidenziali che ha comportato un aggravarsi delle condizioni dei pazienti che non potevano sempre essere seguiti come sarebbe stato necessario. Il lockdown ha aumentato la solitudine sociale, la connessione online e il consulto di siti, social network e applicazioni dove l’immagine del corpo è falsata. Purtroppo su siti e social abbondano anche le ‘diete’, con consigli su come perdere chili che possono rivelarsi molto pericolosi. Dall’altra parte, il cibo ha svolto in generale un ruolo molto importante per tutti, come testimoniano gli assalti ai supermercati e il proliferare di foto e video social su come fare pane e dolci in casa…”.
“È stato appurato che chiusi in casa abbiamo più tempo per guardarci e per farlo con un occhio giudicante, senza un parere esterno dal momento che siamo isolati. Uno dei fattori di rischio più importanti è l’assenza di contatti e di confronto con il mondo esterno. Si genera, quindi, un ideale di bellezza legata alla magrezza per le donne e al ‘vigore fisico’ per gli uomini. E l’attività fisica svolta in solitaria più facilmente diventa compulsiva rispetto a quella svolta in gruppo. Se è vero che tra le cause del peggioramento dei Dca ci sono lo stress e l’isolamento conseguenti al lockdown, è vero anche che la malattia esisteva prima. E questo è il tempo dell’azione”.
“È fondamentale la corretta informazione di tutte le figure che entrano in contatto con i ragazzi: medici, allenatori sportivi e insegnanti. Oltre, naturalmente, alle famiglie che hanno bisogno di strumenti per capire di essere di fronte a un disturbo, per ottenere un supporto insieme ai figli. Perché i Dca non si curano in solitaria, ma con un approccio multidisciplinare e una rete sociale di supporto. Insieme e presi per tempo, possono – con percorsi più o meno lunghi – restare nel passato dei pazienti”.