In media, ogni giorno vengono effettuate due procedure di alta tecnologia, ovvero 700 in un anno. Sono questi i numeri della struttura che in Friuli occidentale si occupa di procreazione medicalmente assistita. Il reparto, diretto dal dottor Francesco Tomei, ha riaperto i battenti nei giorni scorsi dopo il trasloco dall’ospedale di Pordenone a quello di Sacile. Al momento, sono ricominciate le visite ambulatoriali, ma per le attività chirurgiche si dovrà attendere il mese di novembre.
Un servizio, questo, che nel tempo è cresciuto sia dal punto di vista della tecnica, sia da quelli degli utenti. “Il numero di prestazioni – spiega Tomei – in questi anni è aumentato, fino ad arrivare alle 700 prestazioni tra tecniche a fresco (eseguite senza congelamento preventivo), tecniche omologhe, ovvero con gameti della coppia, e tecniche eterologhe, cioè con gameti esterni. Inoltre, abbiamo la banca del seme dal 2006 e dal 2012 abbiamo anche una banca degli ovociti. In questo modo, possiamo congelare i gameti di giovani donne e uomini affetti da neoplasie che necessitano di terapie oncologiche con compromissione della fertilità futura e utilizzarli a distanza nel tempo”.
A Pordenone, e da qualche giorno a Sacile, non afferiscono coppie desiderose di avere un figlio solo dal Friuli-Venezia Giulia. “Il 60% dei casi – continua il medico – riguarda la nostra regione, il resto arriva da altre parti d’Italia. Di questo 40%, il 90% arriva dal Veneto, anche perché ci troviamo in una zona di confine. Dal resto del Belpaese giungono coppie prevalentemente per la tecnica eterologa, visto che siamo stati, assieme alla Toscana, i primi nel 2015 a partire in Italia con l’erogazione di questa procedure”.
E’ relativamente bassa, invece, l’età media delle persone che si sottopongono alle tecniche di procreazione, dal momento che una delibera regionale del 2015 prevede che queste prestazioni siano erogate solamente a donne sotto i 43 anni d’età. “La popolazione che ricorre a noi – sottolinea Tomei – è massimo 42enne, con una media di 36 anni. Inoltre, la normativa limita a tre le procedure effettuabili, sia omologhe, sia eterologhe”.
Per quanto riguarda il sesso delle persone che hanno problemi d’infecondità e si rivolgono alla struttura del Friuli occidentale, non ci sono differenze numeriche tra uomini e donne. “Ormai – racconta Tomei – c’è una condivisione di fattori: un 40% dell’infecondità riguarda gli uomini, un altro 40% attiene alle donne, mentre nel restante 20% dei casi il problema riguarda la coppia nel suo insieme”.
Infine i costi da sostenere per ogni tentativo. “Sono stati approvati – conclude il responsabile del servizio – dei livelli essenziali di assistenza (lea) che a oggi non sono operativi in quanto non è ancora stato emanato il decreto interministeriale di economia e salute. In questo momento valgono ancora le vecchie tariffe. La coppia ha una spesa che oscilla a seconda del reddito, e mediamente si attesta attorno ai 500 euro su un costo totale che sfiora i 2.500 euro”.
Fecondazione, ogni giorno due procedure
Reparto trasferito a Sacile: a novembre ripartiranno le attività chirurgiche
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