La Uil Fpl denuncia a gran voce “lo stato di abbandono e dimenticanza di operatori e pazienti in cui versa, ormai da tempo, la realtà delle quattro Mediche dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Specificatamente, se consideriamo la II Medica A, cui afferiscono 25 infermieri e 12 Oss. Compagine già fin troppo risicata e che adesso, soprattutto in relazione alle continue e crescenti necessità assistenziali, rischia seriamente di andare incontro a fenomeni di burnout”, continua il segretario regionale Uil Fpl Stefano Bressan.
“Vogliamo sollecitare la Direzione aziendale a tenere conto di come, in letteratura scientifica, vengano riportati innumerevoli esempi di come alle sindromi da esaurimento degli operatori siano direttamente correlate gravissime conseguenze per i degenti, come errori nella somministrazione della terapia, scadenti livelli dell’assistenza di base, aumento delle cadute in reparto, …”.
“Come se il quadro di negligenza organizzativa e gestionale del personale non fosse abbastanza, la Direzione aziendale che appare evidentemente all’oscuro di questa pericolosa situazione, colta nuovamente allo sprovvisto e dimostrando una volta in più una conoscenza quantomeno lacunosa e assolutamente inadeguata circa le necessità di salute dei cittadini del territorio, ha introdotto d’ufficio, e in deroga a qualsiasi requisito di sicurezza, la pratica dei letti bis”, continua Bressan.
“In questo modo, il numero di degenti passa dagli originali 39 agli attuali 43/44 purtroppo abitualmente ricoverati in reparto. Ci chiediamo come sia possibile decidere di destinare tre pazienti in stanze originariamente predisposte e dimensionate per contenere due letti. Soprattutto in questo periodo di nuova ondata di Covid, in cui anche il Governo sta mettendo vincoli di sorveglianza sanitaria per gli accessi in Italia a causa della variante Omicron e della sua elevatissima contagiosità, restiamo impietriti e ci sentiamo impotenti davanti a quella che rischia di preannunciarsi come una nuova ecatombe che poteva essere benissimo evitata”.
“A questo pensiero si aggiunge la considerazione degli infermieri del reparto che riferiscono di pazienti instabili e con un carico assistenziale elevatissimo, che sta schiacciando gli operatori, vittime anche di un nuovo piano di lavoro, calato dall’alto nel corso degli ultimi due anni che li sta strangolando. A titolo di esempio mettiamo in evidenza come i due soli infermieri del turno mattutino, oltre a rilevare e monitorare i parametri dei degenti, somministrare una terapia sempre più consistente, gestire medicazioni e accessi venosi, ed espletare la parte burocratica si trovano anche a dover gestire l’igiene e i pasti, oltre a effettuare tamponi di sorveglianza Covid con tutti gli adempimenti connessi. Appare evidente, a questo punto, come il nuovo piano di lavoro creato e imposto dalla Direzione aziendale sia da troppo tempo mal calibrato sulle poche forze disponibili in reparto che si trovano, loro malgrado, a dover stringere i tempi di esecuzione di compiti complessi che richiederebbero le tempistiche appropriate e la massima attenzione. Il personale vive quotidianamente la condizione di non poter garantire delle cure sicure, efficienti ed efficaci per i loro pazienti”.
“In un quadro più ampio, viene spontaneo evidenziare come, da qualche anno, la chiusura del reparto di Post-Acuti di Udine e, in tempi più recenti, la chiusura della Medicina di Cividale portino un aggravio di carico assistenziale in pianta stabile, colpendo una realtà già da tempo al collasso e ora in una situazione che appare riduttivo definire pericolosamente deflagrante”.
“Appare quantomeno dicotomica la linea che il Governo nazionale e, a cascata, quello regionale, stia tenendo. Se da un lato assistiamo all’instaurazione del Super Green Pass, con conseguente legittima stretta e aumento del controllo e delle pratiche di distanziamento sociale, a cui si somma una legittima stretta di prevenzione e protezione delle Rsa private per scongiurare altri focolai e morti che possono e devono essere evitati, assistiamo contemporaneamente a chiusure indiscriminate e impunite nel settore pubblico, con operatori sanitari che denunciano situazioni di reale pericolosità e, persino, al volontario e doloso sovraffollamento delle stanze di degenza all’interno di realtà, come quelle delle Medicina di Udine, in cui sono ricoverati i pazienti più fragili, quelli che non andrebbero rinchiusi in ‘stanze-pollaio’, ma maggiormente tutelati anche con il giusto e doveroso distanziamento sociale, oltre che con la discrezione imposta dal pudore e dalla sofferenza che tocca ogni degente ospedalizzato”, conclude Bressan.