Ci sono solo due certezze quando si parla di sanità regionale: ulteriori tagli, a cure, prestazioni e posti letto non sono sostenibili e qualsiasi organizzazione si decida, senza personale si fa poco. Le linee guida per i futuri assetti annunciate dal Vice presidente della Giunta regionale con delega alla Salute Riccardo Riccardi, martedì 21 settembre a Trieste in sede di III Commissione, rappresentano in tal senso una svolta. Le novità si chiamano Case di comunità, Ospedale di comunità e Centrale operativa territoriale (Cot), e puntano, una volta a regime (entro il 2026) di migliorare l’assistenza sul territorio e di aumentare i posti letto disponibili.
Nel frattempo prosegue il dibattito sui destini degli ospedali di rete, in particolare quelli di San Daniele, Palmanova e Latisana, inclusi nel territorio dell’Asufc (Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale), alimentato anche dall’incertezza legata ai ritardi (causati dalla pandemia) nel procedere all’adozione degli atti aziendali, dopo che la Giunta regionale aveva approvato nel dicembre del 2019 l’istituzione di tre aziende sanitarie al posto delle cinque pre esistenti.
Nel caso degli ospedali della Bassa friulana il terreno di scontro principale, resta la scelta della Regione di spostare il Centro nascite da Palmanova a Latisana, scelta capace a sua volta di causare il depotenziamento del nosocomio palmarino. Proprio il rischio del progressivo indebolimento è invece il fulcro della discussione sull’ospedale di San Daniele. Il fronte dei sindaci dell’Ambito collinare, storicamente compatto nel difendere il nosocomio, questa volta è apparso meno coeso.
C’è chi, come i sindaci di Treppo Grande e Moruzzo, chiedono con forza che l’Azienda sanitaria non ritardi ulteriormente la nomina dei nuovi primari (se ne sono andati in sei negli ultimi due anni) chiarendo il ruolo dell’ospedale sandanielese all’interno dell’Azienda sanitaria e chi, come i colleghi di San Daniele e Colloredo, ritengono che sia necessario dare fiducia ai vertici regionali evitando polemiche infondate. Ci sono poi da annotare le preoccupazioni per il rischio di depotenziamento dell’ospedale espresse da alcuni ex primari e da un gruppo di ex sindaci molto trasversale in termini di appartenenza politica. Non resta che attendere gli atti aziendali e i primi passi concreti per capire chi ha ragione.
Contrasti tra i sindaci dell’ambito collinare
Sindaci divisi sul da farsi per tutelare l’ospedale di San Daniele. “Da Riccardi e dai vertici dell’Asufc – sottolinea Manuela Celotti, sindaco di Treppo Grande – non abbiamo ottenuto risposte alle questioni puntuali poste, a partire dal ruolo dell’ospedale collinare all’interno dell’azienda sanitaria. Pare ci sarà una diversa organizzazione, ma non sappiamo quale in quale direzione. Bene superare i primari a scavalco e avvicinare San Daniele a Udine come dice Riccardi, ma allora come la mettiamo con Tolmezzo? E siamo certi che questo passo non porti all’ulteriore indebolimento al nostro ospedale per dare un aiuto a quello di Udine ormai sovraccarico? La mancata nomina del primario di chirurgia e il fatto che non siano stati ripristinati i posti letto pre emergenza Covid per carenza di personale sono emblematiche”.
Opposto il parere di Pietro Valent, sindaco di San Daniele: “Con l’avvento della nuova azienda – sottolinea Valent – è cambiato l’assetto organizzativo e bisogna tenerne conto, tanto più che il peccato originale è stato includere San Daniele nell’azienda sanitaria dell’Alto Friuli. Per eliminare i primari a scavalco dobbiamo decidere dove andare. Sia Riccardi sia i vari direttori generali hanno fornito ampie rassicurazioni che l’ospedale di San Daniele è strategico e finora nessuno di loro ha mai mancato alla parola data e meritano credito”.