In tutto il mondo si calcola ci siano circa 40 milioni di persone infettate dal virus dell’Hiv. Di queste, circa la metà sono donne e più di tre milioni sono bambini di età inferiore ai 15 anni. Inoltre, ogni anno si ammalano circa 5 milioni di persone e tre milioni sono i decessi dovuti all’Aids. Come riferisce Cristiana Pulcinelli nel libro ‘Aids, breve storia di una malattia che ha cambiato il mondo’ (Carrocci Editore), l’inizio dell’epidemia si può ricondurre alla bollettino dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta che, nel giugno del 1981, riporta cinque casi di polmonite grave in pazienti con deficit del sistema immunitario.
Anni dopo, Luc Montagnier nei laboratori dell’istituto Pasteur di Parigi e, successivamente, Robert Gallo al National Cancer Institute di Bethesda, isolano per la prima volta nel sangue periferico di un malato un retrovirus che prese il nome di Human Immunodeficiency Virus. Con la sua identificazione fu possibile attivare un sistema di prevenzione: si potevano evidenziare le trasfusioni di sangue infette e riconoscere i pazienti. Nel marzo 1985 la Food and Drug Administration approvava un test commerciale che rivelava l’Hiv nel sangue, rendendo possibile l’identificazione dei soggetti a rischio e il controllo del sangue e degli emoderivati. Per una quindicina di anni, l’epidemia ha portato, anche nei Paesi occidentali, alla morte di molte persone.
Nel 1995 fu per la prima volta scoperta una terapia, a differenza di quelle utilizzate fino a quel momento, che poteva avere un risultato notevole nel trattamento dei pazienti. Le Highly Active Antiretroviral Therapy portarono all’identificazione di decine di medicine che potevano superare anche il problema della farmaco-resistenza. Il maggior contributo al trattamento furono gli inibitori delle proteasi: oggi una persona di 40 anni Hiv positiva ha un’aspettativa di vita molto simile a un coetaneo non infetto. Ma ancora molti Paesi non possono permettersi i farmaci costosi e, quindi, molte persone continuano a morire e a trasmettere l’infezione ad altri.
Nonostante le terapie e la conoscenza, però, l’Hiv esiste ancora. È più che mai presente nella popolazione ed è di fatto endemica in Italia, con un numero che varia dai 3 ai 4mila nuovi casi di contagio all’anno. Qualcosa, a parte la dimensione del problema, è cambiata: l’assunzione di droghe per via endovenosa con uso promiscuo delle siringhe non è più la causa principale di trasmissione dell’infezione, ma il sesso non protetto rimane uno dei principali fattori di rischio. Di fatto, a cambiare è stata la percezione del pericolo: in Italia si stima che almeno un malato su 10 non sappia di esserlo: considerando che nel nostro Paese quasi 130mila persone vivono con l’Hiv, ne consegue che, di questi, 13-15mila non avrebbero la minima idea di aver contratto il virus. Inoltre, tra chi viene diagnosticato, il 40 per cento non è consapevole di essersi esposto all’Hiv.