Per far conoscere la patologia c’è voluto un film. “Rain man” del 1988 portava alla luce una malattia pressoché sconosciuta, l’autismo. Ma un film, se ha il merito di focalizzare l’attenzione del grande pubblico, non può rendere appieno la complessità di un problema come quello che, in termini tecnici, gli specialisti definiscono “disturbi dello spettro autistico (DSA)”.
L’autismo, infatti, interferisce sulle componenti che guidano lo sviluppo della dimensione sociale e comunicativa, così caratteristica della vita dell’uomo, accompagnati dalla presenza di comportamenti, interessi e attività ristretti e ripetitivi. La malattia dura tutta la vita – fra il 60 e il 90% dei soggetti saranno adulti non autosufficienti – e può accompagnarsi a vari gradi di disabilità cognitiva (nel 70% dei casi). Ed è proprio questa molteplicità che fa emergere da subito la complessità e problematicità di approccio alla tematica.
Prima ancora, l’ampia variabilità del quadro clinico, le incertezze eziopatogenetiche, la molteplicità degli approcci abilitativi hanno contribuito a creare una disomogeneità nelle politiche di intervento a livello nazionale e regionale.
Ecco perché la Regione Fvg, con delibera del marzo 2017, ha stabilito le linee guida per il percorso assistenziale dei disturbi dello spettro autistico in età evolutiva. Tra i capisaldi di questo documento, il fatto che la prognosi è influenzata dalla precocità di diagnosi e dalla tempestività e adeguatezza dell’intervento abilitativo che deve essere precoce, intensivo e curriculare. L’obiettivo principale del documento diventa così definire un percorso diagnostico, abilitativo e assistenziale del bambino/adolescente con disturbi dello spettro autistico omogeneo a livello regionale in tutte le sue fasi: dall’individuazione precoce, alla definizione diagnostica e formulazione di un progetto terapeutico e abilitativo basato sulle evidenze scientifiche e sulla complessità della condizione e dei bisogni del bambino/adolescente e della sua famiglia, ivi compresa l’inclusione scolastica e sociale, con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale.
Ne deriva che si deve puntare al “Sistema curante regionale”, un sistema di cura cioè che coinvolga in un’unica rete coordinata i servizi sanitari, sociali, la scuola, la famiglia e le associazioni per una coprogettazione e monitoraggio degli interventi.