Appuntamento, domenica 28 novembre, al Teatro San Giovanni, a Trieste, con il monologo per attrice “Ritratto di donna in abito bianco e sciarpa nera”, prodotto dall’associazione culturale Atto Quinto. Un’opera che nasce come una risposta ideale al celebre lavoro di Jean Cocteau “La Voix Humaine”: attraverso una rilettura dell’opera francese e grazie alla contaminazione con le liriche d’amore dei poeti Saffo e Kavafis, l’attrice Sara Cechet Woodcock, in sinergia con il co-regista Raffaele Sincovich, ne ha cercato la dimensione contemporanea, riallacciandosi all’attualità, e interpretando il testo in chiave essenziale. Filo conduttore è la violenza dell’amore tradito, che risuona attraverso i versi dei due poeti che inframmezzano l’azione scenica, sottolineando ulteriormente il tema: l’amore non corrisposto, appunto, la solitudine, la reazione ostinata – a tratti folle – verso una realtà che non si riesce ad accettare, la violenza delle menzogne e del tradimento.
L’altro tema centrale del monologo è quello della distanza, esemplificata – nella nostra regia – da un oggetto ben preciso: il telefono, catturato in un’immagine volutamente “retro’”, un telefono d’epoca, con un filo che allaccia, cattura e avvolge, imprigionando la protagonista in una storia d’amore che, ormai, è soltanto nella sua mente.
Si tratta dunque di un progetto ambizioso che affronta testi molto famosi e dal valore culturale indiscusso: la sfida che ci poniamo è di renderli vivi, di farli “parlare” allo spettatore di oggi, attraverso la voce di una donna in cui chiunque possa ritrovarsi. Il lavoro di regia e di interpretazione segue il doppio binario della parola e del gesto, della voce e del corpo, mettendo a nudo – attraverso una voce di donna, disperatamente aggrappata ad un filo di vita – la ferocia e la disumanità di un sentimento violentato.
Il testo è delicato e poetico, ma descrive bene la condizione di sudditanza che non permette a chi la vive di riconoscere con chiarezza i segni di una violenza psicologica, in cui qualsiasi donna può venirsi a trovare; una situazione difficile da riconoscere, soprattutto da chi la vive in prima persona, e che tuttavia è spesso alla base di rapporti squilibrati e “tossici” e che può condurre a più gravi e pericolosi sviluppi.
Da questo punto di vista, il teatro può farci da specchio, da lente di ingrandimento; può illuminare come un faro le zone più buie e inesplorate della nostra anima.
Lo spettacolo va in scena con il contributo del Comune di Trieste in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne.