La musica di Johann Sebastian Bach è una delle più eseguite al mondo. Ogni anno escono svariate incisioni discografiche di composizioni del musicista di Eisenach, dalle ristampe di vecchi vinili, fino alle interpretazioni su strumenti d’epoca, storicamente informate. Il disco di Giovanni De Cecco, però, costituisce per certi versi un’eccezione, perché ha il pregio di essere un unicum nel panorama discografico nazionale. Si tratta del primo disco interamente italiano interpretato al clavicordo da un musicista udinese ma veneziano di adozione, per una casa discografica milanese, La Bottega Discantica, numero 295 del corposo catalogo della casa meneghina, uscito nel novembre 2016.
Il disco contiene cinque concerti di Antonio Vivaldi e uno di Alessandro Marcello trascritti per strumento a tasto da Bach. Lo strumento è una copia di un Silbermann del 1775, realizzata per Giovanni De Cecco dal cembalaro romano Michele Chiaramida, uno dei più abili ed esperti costruttori di questo strumento in Europa. Senza dilungarci sulle caratteristiche tecniche del clavicordo, ricordiamo che esso si distingue sia dal clavicembalo che dal pianoforte per moltissimi tratti.
Mentre nel cembalo le corde sono pizzicate e nel pianoforte percosse da martelletti, il clavicordo possiede una meccanica a tangenti, lamine di metallo che, quando percuotono la corda (o le coppie di corde, come nel caso dello strumento del disco), permettono all’interprete di continuare ad esercitare una pressione sulla corda, come se il suo dito rimanesse a contatto con essa. Quindi è possibile modificare in parte l’intonazione della nota, effettuare vibrati e una miriade di “tocchi” che su altri strumenti a tasto risultano impossibili da realizzare. Subito salta alle orecchie l’eccezionalità dell’interprete e dello strumento rispetto a precedenti discografici di altri clavicordisti.
Infatti, in diverse altre incisioni gli interpreti approcciano lo strumento, estremamente difficile da padroneggiare, con una certa cautela: suono omogeneo, dinamiche limitate e un tocco quasi organistico, come se ci fosse il timore di venire traditi dallo strumento, che non perdona la minima imprecisione nel tocco. Nel caso di questa incisione Giovanni De Cecco invece sfodera tutta la possibile tavolozza dei colori, dei tocchi e delle dinamiche; suonato da Giovanni De Cecco, il clavicordo sembra uno strumento sul quale niente è impossibile.
Straordinaria è la precisione nei momenti virtuosistici (concerto BWV 972 dall’Estro Armonico di Vivaldi), in passaggi che sono molto più facili da realizzare su un clavicembalo o un pianoforte; delicati temi in pianissimo pizzicato (II movimento dal concerto BWV 974); crescendo impetuosi (III movimento del concerto BWV 976).
De Cecco dimostra un’incredibile fantasia anche nel variare ed ornamentare i temi, come nel terzo movimento del concerto BWV 974 dal celebre concerto per oboe di Alessandro Marcello: le riprese sono ornamentate con idee che vengono portate fino al parossismo. De Cecco infatti non si limita ad eseguire qua e là degli ornamenti con buon gusto e inventiva; parte con un’idea e non la abbandona finché non è espressa coerentemente, anche nei passaggi più impervi per l’esecutore.
Sorprendente anche l’uso ardito delle variazioni nell’intonazione: nel concerto BWV 975, alcune note acute, suonate in vibrato, bebung, risultano quasi stridule, come (ci perdonino i puristi) nel bending delle chitarre elettriche. Si va dai sospiri nel pianissimo a sonorità aspre, passando per momenti di lirismo commovente, come in tutti gli adagi del disco. Un disco insomma che non può mancare nelle collezioni degli appassionati di musica barocca. Ci auguriamo che sia solo il primo di una lunga serie di questo valente interprete friulano.