Le foto che scattiamo, la musica che ascoltiamo, gli articoli e i libri che leggiamo, i filmati che guardiamo: nulla è eterno. E il problema non è solo di ricordi personali, ma della storia intera della cultura, visto che la conservazione dei dati fisici e digitali è ancora incerta. Di qui a poco, rischiamo di perdere un intero patrimonio di film, canzoni, letteratura e molto altro. O meglio, rischieremmo, se non fosse per il lavoro di alcuni ‘custodi della memoria’ che cercano di sopperire al deperimento dei supporti fisici e all’obsolescenza di quelli digitali.
Non essendoci qui una British Library capace di salvare e catalogare tutto quello che è stato prodotto, dobbiamo ‘accontentarci’ del lavoro di chi si occupa di restaurare, conservare e tramandare il patrimonio di conoscenza proprio o altrui, come la Biblioteca Guarneriana di San Daniele, che al di là del restauro ‘fisico’ – possibile anche grazie all’intervento di privati attraverso l’Art Bonus – di una parte dei suoi manoscritti e libri antichi, ha avviato un progetto di valorizzazione che passa attraverso la ‘teca digitale’: la versione online dei pezzi più preziosi.
Una strada percorsa anche dalla Cineteca del Friuli di Gemona, che custodisce più di 20 mila film in pellicola nel suo l’Archivio cinema, un deposito futuristico vicino al Tagliamento, che mantiene a temperatura (4°) e umidità (30%) costanti tutto il suo patrimonio. “Più alzi questi parametri, più breve è il ciclo vitale della pellicola – spiega Elena Beltrami, responsabile dell’archivio – Mantenendo queste condizioni, le pellicole in acetato di cellulosa si possono conservare anche per mille anni, ma nelle condizioni in cui sono state reperite e stoccate. Nel caso di film importanti, ne realizziamo una nuova copia”. Altro discorso è quello relativo alla digitalizzazione: un progetto sostenuto dal Mibac ha permesso di riversare sui nuovi supporti una ventina di ore di corti e film ‘muti’, visibili su YouTube. Ma anche in questo caso, il pericolo di obsolescenza è dietro l’angolo: “Il laboratorio digitale permette di ottenere film in 2k, ma siamo già al 4k, per cui lunico formato eterno resta la pellicola”.
A lavorare su conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio audiovisivo è anche il laboratorio La Camera Ottica, nato nel 2002 all’Università di Udine, con un patrimonio tecnologico all’avanguardia che permette di preservare collezioni e fondi di diverse dimensioni, leader nazionale nella digitalizzazione dei film in formato ridotto (come 16mm e Super8) e di formati obsoleti come Vhs (le videocassette), Betamax… Per preservare il patrimonio fotografico di interesse regionale c’è invece il Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo, che da oltre 30 anni lavora in un settore estremamente fragile: quello dei materiali foto e cinematografici di archivi, raccolte familiari ed enti. Pochi mesi fa, ha aperto un nuovo archivio climatizzato a Palazzo Tadea, Il Fotografario, destinato alla conservazione a lungo termine delle oltre 500mila fotografie custodite dal Craf.
Ma la digitalizzazione non è una soluzione sicura al 100%. “Tutti i supporti presentano criticità, da quelli magnetici a quelli digitali”, puntualizza Renato Rinaldi, che per cinque anni ha lavorato al progetto ‘Memoria di massa’, diventato un ciclo di documentari realizzati con Andrea Collavino. “Paradossalmente, quello che ne presenta meno è il disco in vinile, che potrebbe suonare anche fra 100 anni. Per nastri e file è diverso: si pensava che il digitale durasse per sempre, ma il lavoro su queste memorie è solo agli inizi: non basta riempire hard disk di foto e video, se i formati con cui i file sono stati salvati cambiano di continuo e le soluzioni per non perdere dati non sono ancora sicure al 100%”.