C’è una casetta bianca incastonata tra le montagne della Val Colvera, sotto la protezione del Raut innevato. Spunta a fatica tra i boschi. È un rifugio dove si fa buona musica. Enrico Berto, avianese di nascita ma giramondo per professione, ha allestito proprio lì, in mezzo alla natura, il suo Mushroom Studio, dove dall’ideazione e dalla scrittura, attraverso vari procedimenti, arriva al mixaggio e all’incisione.
“Ho sempre cercato un’oasi di serenità – racconta – lontano dal trambusto. È un modo di vivere in armonia con l’ambiente. Quando ho scoperto questo luogo è stato amore a prima vista. Qui si crea, si produce, si innova, si sperimenta”. Mentre lavora, si concede qualche piccola distrazione nell’osservare dalla finestra la tana di una famigliola di ghiri: “Adesso sono in letargo, ma mi mettono allegria. Ho rispetto – aggiunge con un sorriso – in fin dei conti sono arrivati prima loro. Posso far di tutto. Quando perdo la concentrazione, mi concedo una camminata per ritrovare il bandolo della matassa e tiro fuori qualche buona ispirazione”. Ha scalato un bel po’ di volte il Raut, di giorno e di notte: “Da lassù la luna è meravigliosa”. Si vede proprio che la Val Colvera, in comune di Frisanco, è una calamita d’ingegno.
A due passi dalla località Lunghet, regno incontrastato di Enrico, c’è Poffabro, che è tra i borghi più belli d’Italia, ritrovo di artisti, creativi, nomadi digitali e smart workers. “Ho scoperto questo posto – racconta – poco più di una decina di anni fa. Il bassista dei ‘Tre allegri ragazzi morti’, un gruppo con cui collaboro, aveva le chiavi della casa, utilizzata per feste e musica. Mi ha fatto conoscere il proprietario, un militare della Base americana di Aviano. Quando ha lasciato l’Italia, abbiamo trovato un accordo. Pian piano ho allestito lo studio musicale con una postazione dotata di tutti i comfort e la strumentazione adeguata a ogni tipo di proposta. Accanto c’è il nido d’amore, dove vivo con mia moglie Azzurra e i due figlioletti”.
Enrico è l’emblema del creativo ‘glocal’. Ha la testa nel mondo, dove tiene i contatti professionali, e i piedi ben saldi nell’edificio in mezzo al bosco: “Qui ci sono le mie radici, questo luogo è proprio casa”. Una scatoletta di plastica appesa a un muro, con dentro i congegni elettronici, garantisce la connessione internet su scala globale: “All’inizio, la mia era un’esperienza estrema. Giravo disperato in cerca di un po’ di copertura per i collegamenti. Oggi pago l’abbonamento a Eolo e ho tutto. Con i clienti ci diamo appuntamento a distanza trovando un compromesso sul fuso orario. Alcuni rapporti restano in carne e ossa, ma i voli low-cost risolvono ogni problema. In Val Colvera mi posso permettere questo studio, a Londra sarebbe stato un salasso economico”.
Enrico ha voluto fortissimamente che la musica entrasse nella sua vita. Da ragazzino ogni spazio era buono per suonare la chitarra: dagli scantinati ai garage, da solo o come mercenario per altre band giovanili. Ha centrato in pieno la sua passione, che da divertimento si è trasformata in professione. All’inizio si è adattato a una vita un po’ da bohémien: “Ho lavorato nei bar dei teatri e pulivo i bagni”. Quando suonava si accontentava di qualche birretta. Poi sono arrivati i primi guadagni, che ha investito negli strumenti del mestiere. Lancia una frecciatina: “Il lavoro creativo è purtroppo riconosciuto al ribasso, soprattutto in Italia. Bisogna pa-ga-re! All’estero ti danno anche l’anticipo”.
Il capolavoro di mediazione l’ha però fatto con i genitori, preoccupati che il figlio non tenesse i piedi saldi a terra: “Enrico devi studiare qualcosa che ti serva per vivere”, lo sollecitavano con pazienza. Dopo il liceo scientifico, li ha accontentati proseguendo gli studi all’Università, fino alla laurea in lingue e letterature straniere. “Era il mio piano B – se la ride – perché così ho imparato bene l’inglese, che mi serviva”. Poi ha preso il volo all’inseguimento del suo sogno, che era anche concretezza: Londra, Los Angeles, Berlino per ricerche, master e tanta innovazione. E la lista degli artisti-clienti si allunga: Band of Skulls, Barnes Courtney, Future Sound of London, Steve Cradock, Animal House, Caper Parade, Wisteria Lodge. I ‘Tre Allegri Ragazzi Morti’, su tra i boschi del Lunghet, sono di casa, come lo è Bobby Solo, da tempo residente nell’Avianese. “Il paesaggio del Rest è entrato nel mondo. Durante le pause spedisco le immagini e molti colleghi invidiano il contesto ambientale in cui lavoro”. Così Enrico è anche influencer di un angolo da cartolina del Friuli.
Il rifugio della musica
La quiete è fonte di ispirazione creativa. Non gli pesa di fare spesso la spola tra la località Lunghet, a Frisanco, dove vive ‘fuori dal mondo’, e Londra, centro delle sue relazioni con tanti musicisti
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