L’inverno è stato duro per tutti i musicisti, nessuno escluso. Tralasciando le (poche) popstar e i tanti dopolavoristi, pur feriti dalla pandemia, quando pensate per esempio al vostro jazzista preferito, da qualsiasi parte del mondo venga, sappiate che per quasi un anno non ha potuto suonare. E in qualche occasione potrebbe anche aver pensato che la musica, per lui/lei, era finita. Anche al sole di Los Angeles, il compositore udinese Andrea Centazzo – cittadino americano per meriti artistici e con una discografia sterminata, compresi i titoli storici della sua etichetta Ictus – ha sofferto la lunga pausa. Dopo aver saltato più di un anno, per ripartire dal vivo ha pensato all’Italia, base per quello che ha battezzato senza mezzi termini Resurrection Tour: 8 date, tra concerti e registrazioni ‘Outside inside studio’ per i nuovi progetti che, dopo oltre 50 anni di carriera, si ‘ostina’ a proporre.
Il 24 luglio sarà in regione, a Flambro di Talmassons in Villa Savorgnan, in duo col sassofonista Roberto Ottaviano per proporre, nell’ambito di Musica in villa, un omaggio a quello che è stato il suo maestro e mentore negli anni ‘ 70, Steve Lacy, col quale ha condiviso un’importante stagione del jazz d’avanguardia, in duo o in trio con il contrabbassista Kent Carter: un totale di 7 album, più due inediti in uscita.
Partito il 1° luglio da Ancona Jazz con questo progetto, Centazzo approfitterà della ‘vacanza’ friulana anche per realizzare Bacchette magiche, un cd (con Sergio Armaroli) più libro allegato che racconterà la storia della sua vita musicale.
“Non vedevo l’ora di ripartire – sbotta, durante una breve visita alla sua città, Udine – perché non suonavo in pubblico dal 2019! L’anno scorso ho perso una quarantina di concerti già fissati, da New York a Chicago al Giappone, e ho quasi azzerato i guadagni. Una situazione che ha colpito tutti i musicisti, anche se ora in America tutto è riaperto e le cose iniziano a muoversi. Certo, questo ha fatto in modo che molti siano costretti ad accettare cachet scesi a livelli ridicoli, pur di suonare. Quando ritornerò negli Usa, ho già alcune date fissate, anche a Los Angeles. Ecco, quelle sono a costo zero per me, visto che ci andrò in auto: le spese di viaggio sono un grosso problema, specie per chi ha una strumentazione importante da muovere, come me”.
Nato jazzista e diventato com positore tout court, Centazzo ammette di aver sofferto, come tutti i suoi colleghi, la lunga pausa dettata dalla pandemia.
“C’è stato un momento in cui mi sono sentito come ‘in pensione’, perché se ti fermi per 15 mesi, rischi di non avere più la forza di riprendere. Ma adesso è il momento di ripartire e con un omaggio a un grande musicista con cui ho lavorato a lungo. Remembering Lacy è una ‘celebrazione’ di un epoca d’oro, cui tengo particolarmente. Sono felice di avere già richieste, per questo progetto, che arrivano fino alla fine dell’anno”.
Guardando indietro, di nuovo a quel Friuli che ha lasciato tanto tempo fa, Centazzo non è tipo da rimpianti o recriminazioni in stile ‘sliding doors’.
“Fossi rimasto a Udine – conclude – probabilmente avrei fatto l’avvocato e guadagnato un sacco di soldi, ma sarei diventato un frustrato. Se potessi ricominciare tutto, quindi, farei le stesse cose, anche se ho pagato la mia libertà, con un percorso pazzesco. Ammetto di avere un po’ confuso il pubblico, che spesso non capisce se sono un jazzista o un compositore. Per tanti, addetti ai lavori compresi, è ancora difficile credere che un batterista possa scrivere un’opera completa! Anni fa a Bologna, quando mi commissionarono un’opera per la ‘capitale europea della cultura’, mi chiesero se fossi io il Centazzo che ‘suona jazz’. La mia risposta fu: ‘No, è mio cugino…’. Ecco, almeno in quello, negli Usa sono molto più elastici e meritocratici”.
In Italia per rinascere, ma gli Usa…
Andrea Centazzo, batterista e compositore friulano di fama mondiale, da decenni a Los Angeles, ha scelto la sua terra per il ‘Resurrection Tour’ post-pandemia
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