La prima cosa che colpisce sono le dimensioni: almeno 100 pagine (e 4-5 cm di dimensione) in più rispetto al già poderoso tomo ‘La terra del blues’ di Alan Lomax, ricerca sulle origini della ‘musica del diavolo’ Usa. Eppure ‘Blues dei colli’ si limita a raccontare le vicende di un periodo e un luogo ridotti: gli ultimi 30 anni di passione vera di un gruppo sparuto nei Colli Orientali, tra l’ex Triangolo della sedia e Cormons. Ma nelle sue 566 pagine modello gigante c’è molto più della storia ‘locale’ di un movimento musicale, narrato anno per anno, evento per evento, disco per disco. Ci sono la vita, i sogni e le aspirazioni di un gruppo di persone che credono davvero che l’America sia dietro casa.
UN CENTINAIO DI AUTORI
Redatto col nome collettivo di Blues Club 356, ma realizzato grazie alla straordinaria memoria di Andrea Cardinale e alla cultura filologica di Roberto ‘Pit Ryan’ Pettarini (con l’aiuto e il sostegno di amici e ‘fiancheggiatori’: in totale, un centinaio!), il volume da 2 kg raccoglie testi editi e inediti, racconti personali, interviste, recensioni, scede tecniche, elenco dei locali e persino una storia dettagliata che parte dai primi vagiti del blues made in Friuli, dalla fine ’70-primi ’80, oltre a una ‘sintesi’ (200 pagine!) di 45 anni di blues in Italia.
“IL NOSTRO MISSISSIPPI”
Il fulcro è nel cuore dei Colli, a Corno di Rosazzo e dintorni dove, dalla Band X ai progenitori One Way Out, la storia del blues si sviluppa di pari passo con una visione friulanocentrica, con l’organizzazione di festival storici (da ‘Aria di musica’ ad Orsaria alle varie edizioni di ‘Blues underground’) e la crescita di una lunga serie di artisti, anche ‘trasversali’ (tipo il bluesman contadino in lenghe Fabian Riz, ma anche gli ‘indigeni’ Leo Virgili, Jvan Moda…) o ‘di importazione’ (Flavio Paludetti) e la produzione/il recupero di vari cd in forma sempre autoprodotta. Impossibile non farsi coinvolgere da un racconto così sentito e documentato, che comprende interviste a bluesmen di casa nostra (Jimmy Joe, Lucky Gherghetta, Fabio Steve Ulliana, Eliana Cargnelutti, buona parte di Mad Men Blues e W.i.n.d.…) e non (Tolo Marton su tutti). O i confronti non troppo esagerati (“il Natisone come il Mississippi”) che delineano l’intricata ‘topografia blues’ regionale dipingendo una ‘scena’ che, da altre parti, forse non sarebbe rimasta ‘nicchia’ della periferia della periferia dell’impero. Una nicchia, va però detto, di ricchezza infinita.