‘Pozzis, Samarcanda‘ del friulano Stefano Giacomuzzi si aggiudica il premio come miglior film all’Edera Film Festival. La giuria tecnica ha assegnato il riconoscimento al film “…per la freschezza e il senso di avventura che rappresentano l’essenza stessa del fare cinema, per il coraggio di mettersi in gioco, per esser capace di mantenere la lucidità nel doppio ruolo di regista e spalla del protagonista. ‘Pozzis, Samarcanda’ è in tutto e per tutto un viaggio di iniziazione per l’autore che ci restituisce una meravigliosa umanità, un ritratto cinematografico autentico, lontano da ogni compiacimento.”
“Vincere questo premio è una grande emozione – commenta il regista Stefano Giacomuzzi – perché sullo stesso schermo su cui ho visto proiettato il mio film, anni fa ho visto grandi capolavori del cinema, da Lynch a Godard. Questo un
po’ mi imbarazza anche ma senz’altro mi emoziona molto. Il cinema Edera è un luogo magico, che ho davvero a cuore, avendolo frequentato spesso nel breve periodo in cui ho vissuto a Treviso, lo considero uno degli ultimi avamposti del cinema d’essai in Italia, un cinema storico dove è un’onore presentare il mio lavoro.”
Cocco ha 73 anni e un passato tormentato, è affetto dal morbo di Crohn ed è l’unico abitante di Pozzis, paese abbandonato sulle montagne friulane. Da sempre sogna di partire verso est in sella alla sua Harley-Davidson del 1939. L’incontro con Stefano, regista di 22 anni, rende il sogno realtà. Nasce così un viaggio donchisciottesco: 37 giorni, 9 stati e 8000 km, per arrivare fino nel cuore dell’Asia!
“Non ha niente di originale. Solo il motore. Il resto l’ho fatto io – racconta Cocco della sua due ruote -: ho costruito il telaio e messo un cambio Triumph con la cinghia. É un 1200 cc, una moto rara. Il motore è come quello di una falciatrice: funziona sempre, ma devi conoscerla. Se la conosci è un gioiello, ma se non l’hai mai usata non fai nemmeno venti chilometri! Andare a Samarcanda con una moto così è da pazzi. É rigida! Le mani ti diventano due pezzi di legno per le vibrazioni. Se prendi una buca sbandi e lei va dove vuole. Essere in sella a una moto vecchia è come cavalcare un cavallo: devi parlargli. Io le parlo, ci diamo forza a vicenda. In due facciamo centocinquant’anni, ma quando sono in sella mi sento un ragazzino. Io e lei siamo una cosa sola. Senza di lei preferisco morire, non riesco”.
Un viaggio e un progetto che hanno cementato un’amicizia unica. “Gli chiesi quale fosse la morale del film che avevamo girato. Mi rispose con la sua solita schiettezza – racconta Giacomuzzi -. «Io senza di te non sarei mai riuscito a venire fin qui. E tu senza di me non avresti mai fatto questo film. La morale è che un vecchio di 73 anni ha bisogno di un giovane di 22, e un giovane di 22 ha bisogno di un vecchio di 73»”.