“Verosimilmente, potrebbe, quindi, essere l’unica Fondazione (o comunque tra le pochissime) che, seppur obbligata a un piano di risanamento per la situazione pregressa, risulti ‘virtuosa’ al punto da accedere alla riserva”. Conclude così la relazione sulla gestione del bilancio consuntivo 2013 del Teatro Verdi di Trieste, reperibile sul sito http://www.teatroverdi-trieste.com. Infatti, il conto economico chiude con un bel 4.847.173 euro di attivo.
Se, però, si spulciano le voci, ci si rende conto che tale virtù riposa sulla rinuncia da parte della Regione di 14 rate, per un totale di 8,5 milioni di euro, più 44mila euro di un lascito. Se si sommano le entrate e i costi, infatti, si ottiene un meno 2,46 milioni, ai quali si aggiungono (negativamente) altri 1,27 milioni per interessi e altri oneri finanziari. Senza la rinuncia regionale, il teatro lirico avrebbe collezionato un buco di circa 3,5 milioni.
Qualcosa del genere era accaduto anche nei due anni precedenti, che avevano registrato, alla fine dei conti, attivi per 12.518 (2012) e 14.690 (2011) euro – la cosa è importante, perché tre attivi consecutivi consentono di accedere alla riserva del Fondo unico per lo Spettacolo. Anche in questi casi, però, senza i proventi straordinari si sarebbero avuti dei ‘buchi’: 2 milioni per il 2012 (un milione riguarda la differenza tra entrate e uscite, un’altro gli interessi e altri oneri finanziari) e 3,3 milioni per il 2011 (3 di differenza tra entrate e uscite, 0,3 per la voce ‘proventi e altri oneri finanziari’). A salvare la situazione sono stati nel 2012 il Comune di Trieste con la donazione della Sala Tripcovich (valore di un milione) e la Regione con la cancellazione di un addebito di un milione di euro, nel 2011 la chiusura di un contenzioso (a favore del Teatro) con lo Stato per il mancato ripianamento dei debiti dell’allora Ente autonomo. Insomma, senza donazioni, ripianamenti e rinunce al credito, di virtù si sarebbe difficilmente potuto parlare.
La grande ‘iniezione’ di liquidità al Teatro è quella voluta da Riccardo Illy nel lontano 2007, quando la Regione garantì un mutuo ventennale di 20 milioni (le rate sono proprio gli ‘interessi e altri oneri finanziari’ di cui si è già parlato). Per diversi anni di seguito, il Fvg pagò le rate rinunciando di volta in volta al rimborso da parte del Lirico, fino a quando, nel dicembre 2013, l’attuale amministrazione regionale ‘tagliò corto’, decidendo di coprire la rimanenza del mutuo (14 milioni), evitando il ‘rito’ annuale dell’abbuono. Il prestito diventò così un regalo a tutti gli effetti.
Il nodo riguarda da una parte il calo dei ricavi effettivi (ovvero, vendita di abbonamenti, biglietti e merchandising), passati dai 3,3 milioni del 2010 agli 1,8 milioni del 2013, dall’altra il taglio dei finanziamenti pubblici (quasi 16 milioni nel 2010, 14,6 milioni tre anni dopo), in special modo quelli statali. A onor del vero, in questi anni i costi sono diminuiti. Quelli generali di produzione sono passati dai 23,2 milioni del 2010 ai 21 del 2013. Tale capitolo comprende i costi per il personale: da 15 a 12,7 milioni. E quest’ultima sarà una delle voci su cui si giocherà il futuro risanamento del Teatro. Il vero problema, alla fine dei giochi, è la continua rincorsa al ribasso: si tagliano le uscite, ma nel contempo le entrate diminuiscono. Resta da capire quanto i risparmi su stipendi e allestimenti influiscano sul minore ricavo dalla vendita di biglietti e abbonamenti. Fino a quando questo circolo vizioso non si interromperà, si continuerà giocoforza a fare buchi. E a doverli coprire.