Adesso sì, può appendere le scarpe al chiodo. Fabio Pettenà (nella foto), portiere del Santamaria classe 1979, domenica 10 maggio ha giocato l’ultima partita della sua trentennale carriera nel mondo del calcio: lo ha fatto contribuendo alla salvezza della squadra di Santa Maria La Longa (dove è anche vicesindaco), vittoriosa 3-2 nel playout contro il Cassacco.
L’obiettivo è stato raggiunto. Passata la paura?
“Sì, ci tenevo molto a chiudere lasciando la squadra in Prima. Quest’anno il gruppo era formato da molti ragazzi giovani, oltre a me e a capitan Mocchiutti. Per cui sentivo anche una responsabilità maggiore”.
Col Cassacco c’è stata una vera rivincita. Soddisfazione doppia?
“Diciamo che si è chiuso un cerchio. Nel 2010, ci fu un identico playout con loro, ma non esisteva ancora la regola del maggior distacco. Il Santamaria chiuse con 14 punti di vantaggio e giocò uno spareggio tre giorni prima della sfida. Il Cassacco vinse 4-0. Fu un duro colpo per il club, che era sul punto di chiudere i battenti. Da assessore comunale allo Sport cercai di scongiurare il pericolo e, per dare una mano, decisi di lasciare la Sangiorgina, dove avevo giocato sette anni e mi trovavo benissimo, per scendere dalla Promozione in Seconda. Con me arrivarono anche Marco Pellizzari e Davide Sgobbi. L’anno dopo riconquistammo la Prima, mantenuta con grande orgoglio tutt’ora”.
Fine della carriera: decisione definitiva?
“Sì, ho giocato per 30 anni: 12 di settore giovanile, anche nell’Udinese, e poi 18 in prima squadra. Il ruolo politico, da un anno sono anche vicesindaco, e una famiglia con moglie e due bambini mi impegnano molto tempo. Sacrifico il pallone”.
Gioie e dolori di una vita in porta?
“Tante. Ma soprattutto ho capito che il calcio non è fatto di soldi, ma di divertimento. Meglio un club di paese con tanti amici in squadra, che società ambiziose e stressanti. A Palmanova, nonostante una stagione da record di punti non trovai un bell’ambiente, tanto che avevo deciso di smettere a 20 anni. Mi rigenerò il Santamaria in Seconda. Quindi andai alla Sanvitese in D, dove trovai un gruppo e un club splendidi. Quindi, altra esperienza non felice a Gonars, poi Teor e i sette anni super alla Sangiorgina. Non me ne sarei mai andato da lì, ma il mio paese chiamava. Sono contento di aver contribuito alla salvezza, societaria e sportiva. Questo club, che ha oltre 50 anni di storia, mi ha dato tanto”.
Già individuato l’erede?
“Ho un nome in mente: un ragazzo che questa categoria la conosce e ha grandi capacità. Spetterà alla società decidere. Per il futuro, però, credo che Claudio Martin, classe ’95 che quest’anno mi ha fatto da secondo, sia il ragazzo su cui puntare. E poi qui c’è un preparatore dei portieri eccezionale come Roberto Galliussi. Con lui si lavora benissimo”.
Da amministratore che consiglio dà ai Comuni nel rapporto con le società sportive?
“Dico, come abbiamo fatto a Santa Maria, di puntare sulle strutture, che rappresentano il futuro per gli atleti. E di sostenere presidenti e dirigenti, che sono la vera ossatura delle società. Qui ne abbiamo tanti, dal presidente Fabrizio Nin in giù. Per loro, non basterebbe una targa al giorno”.
Per Pettenà un futuro dietro alla scrivania o sulla panchina del Santamaria?
“Al momento mi godo il riposo, anche se mi terrò in allenamento con i ragazzi. Un domani, vedremo…”.