Michele Pontrandolfo continua a pieno ritmo l’acclimatamento in vista della sua nuova missione al Polo Nord magnetico. Dal 16 febbraio, l’esploratore pordenonese è in Canada, nel villaggio inuit di Resolute Bay, il paese abitato più a nord della terra degli aceri, da dove il 5 marzo raggiungerà Cape Discovery, punto di inizio della sua traversata in solitaria. Ecco i suoi ultimi aggiornamenti.
Ieri prima notte trascorsa in tenda e la sfortuna ha voluto che sia stata la notte più fredda da quando sono arrivato qui: -45°, un freddo bestia! Non ho dormito bene perché devo abituarmi ancora al gelo notturno, spero di acclimatarmi il più presto possibile anche perché i giorni passano e la data della partenza si sta avvicinando sempre più. In tenda si fa fatica a sognare a causa del terribile freddo, ma quando sei al limite del chiudere definitivamente gli occhi, allora inizi a liberare la mente e immagini cose fantasiose e che ti rilassano per qualche ora… diciamo che tutto appare bello quando sei ai limiti della vivibilità. Poi quando il gelo ti avvolge in modo totale, allora ti svegli e li iniziano gli incubi. Non riesci più ad addormentarti perchè i brividi si diffondono in tutto il tuo corpo e cerchi di raggomitolarti, di stringerti di alitare all’interno del sacco letto per riscaldare un po’ il guscio protettivo, ma non risolvi più niente! Una volta svegliato dai brividi hai finito il riposo. Cerchi di allungarti con le gambe per trovare qualche zona del sacco con un po’ di tepore, ma non serve a nulla… Puoi solo aspettare la sveglia che spesso è alle 4 del mattino e non perché suona, ma perché l’unico sistema per riavere un po’ di caldo è accendere il fornello e mangiare qualcosa di caldo… In realtà con l’andare delle giornate la stanchezza si accumula sempre più, ma il traino delle slitte rimane sempre lo stesso. Ieri sera sono arrivati a Resolute il giapponese Ogita, gli irlandesi Mike e Clare, e per fine settimana arriveranno i due norvegesi, per ultimi gli americani.
Vorrei spiegare bene cosa dovrò fare nell’Oceano Artico. La mia è una spedizione che ha lo scopo di attraversare il mar glaciale artico fino a raggiungere il Polo Nord. Questa impresa sarà compiuta senza l’aiuto di cani, depositi di viveri e altro… Farò tutto solo con le mie forze. Non è una cosa facile: la traversata verso il Polo Nord è per diritto la spedizione più difficile di tutte, non tanto per difficoltà tecniche, ma per l’isolamento e la costante pressione che il freddo esercita sulla persona. Tanti mi dicono: “Ma io sono stato a -35 gradi…. ho toccato i -40… ho raggiunto il Polo Nord in moto”. C’è purtroppo una confusione evidente. Il Polo Nord viene spesso confuso con Capo Nord, la punta settentrionale della Norvegia; i 35 o 40 gradi sotto zero percepiti in montagna sono temperature importanti, ma non hanno umidità. Qui l’umidità raggiunge anche il 90% e con una temperatura di 40 gradi sotto zero capite bene che è molto difficile la sopportazione. Non basta l’equipaggiamento occorre una forma mentale predisposta a “combattere” il gelo polare. Altra cosa che spesso si dimentica è che durante una spedizione polare non ci sono rifugi o bivacchi o campi base riscaldati. Quando parto da Resolute Bay (o da qualsiasi altro posto nelle mie precedenti spedizioni) non ho più nulla di caldo o di confortevole… Niente!
Per affrontare questa traversata, di norma, occorrono dai 55 ai 60 giorni (senza aiuti esterni come lancio di viveri dagli aerei) per coprire i quasi 850 chilometri che dividono la costa canadese dal centro dell’Oceano Artico, il Polo Nord geografico. Quest’anno le due compagnie aeree che assistono le spedizioni internazionali al polo, hanno deciso di anticipare i voli riducendo drasticamente la permanenza delle comitive sull’oceano. Dai 60 giorni canonici ai 45 effettivi di oggi. E’ un trauma! Ora subentrano le strategie più raffinate quasi alla formula uno. Io sto cercando di essere il terzo al mondo a raggiungere il Polo Nord da solo e senza aiuti esterni e di coronare questo grande sogno e sacrificio immane. Allo stesso tempo c’è il giapponese che ha le mie stesse intenzioni… bella sfida che ne dite? Ma purtroppo c’è una piccola differenza tra me e lui: il budget! Io come italiano parto molto svantaggiato perché non ho le sue risorse economiche per vari motivi, ma quello più semplice da spiegare è che in Italia le esplorazioni polari non hanno mai suscitato grande interesse. Il giapponese ha a disposizione molti soldi e un paese che lo segue, quindi ha la grande possibilità di essere recuperato quando lo richiede lui.
Io devo terminare per forza entro il 21 aprile altrimenti sono dolori grandi. Per avere più possibilità e quasi certa la conquista del polo, dovrei avvalermi di un rifornimento aereo, e sarebbe in queste condizioni la cosa più ragionevole. Non basta la determinazione e la voglia di raggiungere l’obiettivo, ora occorre la razionalità per capire che 45 giorni sono troppo pochi per portare a termine questo tipo di impresa.