La storia di Anna Maria Antonaz, nata nel 1899 a Fiume, ieri Italia, oggi Croazia, è quella di una donna dalla bellezza straordinaria.
Anna Maria, infatti, era davvero una donna fuori dal comune: aveva lunghi capelli rossi e occhi verdi e a 16 anni era alta 1,93 centimetri per 96 chilogrammi.
Affetta da gigantismo, si legge nella carta d’identità, dopo il collegio Anna Maria aveva trovato lavoro in un circo come donna forzuta. Dalla pedana alle case di meretricio il passo è stato breve.
Questa e molte altre storie Davide Scarpa, residente a Sacile e curatore della pagina su Facebook dedicata al ‘Museo delle case di tolleranza’, le ha scoperte, studiando e investigando su carte e stoffe ritrovate in un casolare abbandonato nel luglio 2004, tra Valvasone e Casarsa della Delizia. A un primo sopraluogo, il casale era risultato vuoto, ma durante la rimozione delle macerie gli operai si accorsero che tra le intercapedini dei muri erano stati nascosti grossi sacchi di jiuta avvolti in spesse coperte di lana, che li avevano protetti e conservati.
All’apertura dei sacchi, non era stato trovato niente di valore, se non abiti stracciati, tele arrotolate, bottiglie di vecchi farmaci, mobili smontati e un arrugginito registratore di cassa. Il tutto in pessimo stato di conservazione.
Gli eredi chiesero di smaltire tutto quello che era stato ritrovato, ma il padre del capocantiere, grande collezionista, comprò tutto per pochi soldi e mise i sacchi in un magazzino.
Alla morte dell’uomo, nel 2009, tutto passò a Scarpa, curioso di antichità. Scarpa sapeva che in tempo di guerra, per proteggere beni preziosi dalle razzie, si usava nasconderli dentro i muri.
Scoprì così che dentro quel casolare erano stati custoditi i beni di tre case di tolleranza. L’appasionato, con molta pazienza e investendo soldi di tasca sua, cominciò a sistemare il tutto e a catalogarlo.
“Fare scoperte interessanti – spiega Scarpa – è il mio hobby e la mia passione. Peccato che la vita nelle case di tolleranza sia considerata una sub-cultura e sia presa nella dovuta considerazione soltanto da storici e alcuni appassionati”.
Diari e documenti d’epoca
Fa bella mostra di sé su Facebook, è proprio il caso di dirlo, la pagina dedicata al Museo delle case di tolleranza di Davide Scarpa. L’esperto condivide parte dei documenti storici che raccontano la vita condotta all’interno delle case di tolleranza, in particolare durante il Ventennio fascista.
Oltre a diari, libri di medicina e igiene, dichiarazioni del numero di locali di meretricio, tariffari, registri di presenze e iscrizioni a concorsi pubblici per diventare tenutarie, la pagina è piena di foto delle protagoniste di quel tempo, modelle ovviamente e non solo, che indossano vestiti eleganti o meno, a seconda del tipo di clientela alla quale aspiravano, o erano destinate.
Purtroppo Scarpa non ha mai ottenuto la possibilità di aprire un vero e proprio museo. Il massimo che ha potuto fare è stato tenere conferenze e incontri sul tema per esperti e curiosi. Alcune volte ha potuto allestire piccole mostre durante sagre e feste paesane, ma spesso è stato ostacolato da residenti che non gradivano il tema, anzi si sentivano offesi, o da parroci dei paesi che dovevano ospitare la mostra.
In questo periodo, ovviamente, il Covid ha impedito qualsiasi iniziativa. Le ultime mostre allestite sono state quelle di Brugnera, Vicenza e Ischia, ormai alcuni anni fa.