Studiare allunga la vita. E non di poco. Lo ha certificato, per la prima volta, uno studio dell’Istat, secondo il quale chi nasce oggi e prenderà la laurea ha un’aspettativa di vita superiore rispetto a chi si fermerà alla sola scuola dell’obbligo. Stando ai dati, ottenuti incrociando a livello individuale quelli del censimento 2011 con quelli storici riguardanti il 2012, un maschio futuro laureato può contare di vivere 5,2 anni in più rispetto a chi abbandonerà le ‘sudate carte’ prima dell’esame di maturità.
Meno importante il ‘gap’ per chi appartiene al gentil sesso: una femmina futura dottoressa potrà sperare di campare 2,7 anni in più rispetto a una che lascerà le aule scolastiche troppo presto.
Entrando nel dettaglio, un maschio che oggi ha fino a 25 anni con la sola licenza elementare ha un’aspettativa di vita di 77,2 anni. Se, invece, porterà a termine le medie inferiori potrà allungare la permanenza nel mondo di 2,2 anni, raggiungendo i 79,4 anni. Con il diploma superiore, poi, guadagnerà un altro anno e mezzo circa (fino all’età di 80,9 anni), mentre con la laurea o altri studi uletriori può sperare di raggiungere il valore massimo, vale a dire gli 82,4 anni.
Come accennato, le differenze sono meno marcate per il gentil sesso, che comunque ha davanti a sé una vita più lunga rispetto a quella dell’altra metà del cielo. Se una ragazza fino ai 25 anni si deve accontentare della licenza elementare, può contare di arrivare a 83,2 anni, comunque quasi un anno in più del dottore maschio. Superando l’esame di terza media può presumere di vivere per 1,4 anni in più, fino a quota 84,6. La maturità, poi, le consente di arrivare a 85,3 anni (8 mesi in più), mentre discutendo la tesi avrà altri 6 mesi di tempo, approdando alla soglia degli 86 anni.
Insomma, per le nuove generazioni stare sui banchi equivale a bere qualche sorso di elisir di lunga vita. E chi ha qualche primavera in più sulle spalle e ha già compiuto le proprie scelte scolastiche? Pure per questa persona lo studio allunga l’aspettativa di vita, anche se in misura inferiore. Un quaratenne con la laurea in tasca può sperare di campare 4,3 anni in più rispetto a chi si è fermato alle elementari (2,1 anni nel caso delle donne), un dottore sessantacinquenne ha in prospettiva 2,2 anni in più (1,3 per il gentil sesso) e un ottantenne che in gioventù ha avuto la fortuna di frequentare i corsi all’università può far conto su otto mesi in più. Solo in questo caso non ci sono differenze tra uomini e donne.
Non si tratta, comunque di una novità. In giro per il mondo sono stati condotti diversi studi scientifici che confermano tale verità, anche se gli scienziati sono stati più ‘generosi’ dell’Istat nel calcolare lo scarto tra un laureato e una persona con basso titolo di studio. Ma perché accade questo? Di primo acchito, si sarebbe portati a pensare che un laureato ha normalmente un lavoro meno faticoso (cosa vera fino a qualche decennio fa, ora non più, vista la situazione dei giovani dottori in Italia). Le opinioni dei ricercatori, invece, sono le più diverse.
Per la Bocconi lo studio, più salutare del posto fisso, aiuterebbe le persone, oltre a portare più entrate economiche e quindi a consentire l’accesso a cure più avanzate, ad adottare stili di vita migliori. Sulla stessa lunghezza d’onda l’Università del Colorado: il laureato è più attento alla prevenzione, alle abitudini e all’alimentazione, oltre a stare meglio psicologicamente. Inoltre, sia questo ateneo, sia quello del Magdeburgo, sia la Brown University di Providence (Rhode Island) puntano sul cuore: chi studia ha meno possibilità di restare disoccupato, di entrare in depressione e, quindi, di avere infarti e malattie cardiovascolari.