La sezione regionale del Friuli Venezia Giulia dell’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, ha aperto la campagna di tesseramento per l’anno 2021. A livello nazionale, Antigone nasce alla fine degli anni Ottanta e promuove dibattiti su questioni legali e processuali, raccoglie e divulga informazioni sulle realtà carcerarie, sostiene proposte di legge e campagne di informazione e di sensibilizzazione sul tema della detenzione. L’associazione si sviluppa in nodi regionali.
Per iscriversi all’associazione Antigone FVG, si può mandare una mail a [email protected] o scrivere alla pagina Facebook “Associazione Antigone Friuli Venezia Giulia”. Verrà mandata una scheda da compilare con i propri dati e le indicazioni per versare la quota di iscrizione. La quota di iscrizione è di 10 euro per socio ordinario e studenti, 30 euro per socio sostenitore e 100 euro per il grande sostenitore.
Inoltre, dal 1998, Antigone è autorizzata dal Ministero della Giustizia a visitare gli Istituti penitenziari italiani. Dopo ogni visita, gli osservatori e le osservatrici redigono un report che descrive le condizioni strutturali, il clima detentivo, il rispetto della legislazione penitenziaria e altre caratteristiche salienti. Segnaliamo che, come Antigone FVG, ricominceremo presto a visitare gli Istituti regionali e che le schede delle visite verranno messe a vostra disposizione.
La scorsa settimana, è stato pubblicato il XVII rapporto sulle condizioni di detenzione. Il rapporto si intitola “Oltre il virus” e vuole raccontare e far riflettere sull’impatto della pandemia da Covid-19 nelle carceri: non soltanto una storia di ciò che è accaduto, ma anche approfondimenti sulla salute mentale, il lavoro e la formazione e numerosi altri argomenti.
Una sezione importante del rapporto è quella sui numeri: il 19 febbraio 2020 i detenuti erano 61.230 e, a un anno di distanza, sono 53.697. La capienza delle 189 strutture penitenziarie in Italia è di 50.931 e c’è ancora un elevato tasso di sovraffollamento. Udine, attualmente, è il sesto carcere più sovraffollato in Italia: 157 detenuti su 90 posti.
La situazione in Fvg (fonte XVII rapporto Antigone)
Nel 2018 è stata inaugurata la sezione di Antigone Friuli Venezia Giulia. Nel corso dei due anni di attività è stato possibile visitare, anche più volte, tutti gli istituti di pena della regione. Tessere via via una prospettiva più chiara del rapporto che il territorio ha con il sistema dell’esecuzione penale. Far germogliare una rete di relazioni con privato sociale, associazioni di persone volontarie che a vario titolo entrano nelle carceri. Infine, relazionarsi periodicamente con i garanti locali e le camere penali per condividere informazioni, criticità e buone pratiche. Fin dalle prime fasi dell’emergenza sanitaria in corso è stato possibile essere una presenza simbolica sul territorio, investendo più energie possibili nel monitoraggio a distanza e nella raccolta delle segnalazioni giuntaci. Sono cinque le carceri della regione Friuli Venezia Giulia: Il Coroneo di Trieste, il Santoro di Udine, il Bigazzi di Gorizia, il Castello di Pordenone e il carcere di Tolmezzo.
Si tratta in tutti i casi di case circondariali, per quanto riguarda però la struttura di Tolmezzo essa risulta abitata principalmente da detenuti in regime detentivo 41bis e Alta Sicurezza 3. In regione ci sono anche tre REMS (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) a Trieste, Udine e Pordenone. A Grandisca d’Isonzo vi è poi un CPR (Centro Permanenza e Rimpatrio). Nel corso del 2019 Antigone ha visitato i cinque istituti di pena e raccolto informazioni su tutti gli spazi di privazione della libertà della regione; informazioni dettagliate sono reperibili a questo link. In questo breve contributo il focus è sulla gestione del virus e i cambiamenti che sta producendo nelle carceri della regione.
Nei mesi precedenti all’emergenza segnalavamo un’importante crescita nel numero delle presenze, infatti, all’inizio del 2019 il sovraffollamento era pari al 137% in Friuli Venezia Giulia; con 659 presenze a fronte di una capienza regolamentare totale di 479. Al 31 marzo 2020 è visibile un calo del 4,3% (fonte: Ministero della Giustizia), si riduce così il dato sul sovraffollamento che si attesta al 131%. La percentuale di persone straniere fra la popolazione ristretta nella regione è in media del 35%; vista la scarsa presenza di mediatori culturali e l’attuale blocco delle attività è sicuramente critica la questione della lingua, causa delle difficoltà nel passaggio di informazioni sul virus e sulle misure adottate alla popolazione straniera detenuta.
Una piccola parentesi sulla detenzione femminile: attualmente sono 25 le donne recluse, si trovano tutte nella sezione femminile del carcere di Trieste. I numeri ci parlano di un concreto rischio di contagio per la popolazione detenuta e tutto il personale che a vario titolo entra quotidianamente negli istituti, come Antigone ha più volte sottolineato, è ora più che mai importante fare il possibile affinché i numeri delle presenze continuino a calare. Numeri che mal si coniugano con una sanità non sempre in grado di far fronte alle necessità. In tutti e cinque gli istituti di pena non è garantito il medico nelle 24 ore e solo al Coroneo di Trieste si usa la cartella clinica informatizzata.
Le carceri della regione sono, a eccezione di Tolmezzo, edifici molto datati la cui costruzione risale a inizio secolo o prima. La struttura di Pordenone è del XIII secolo. Le rilevazioni prodotte con le visite dell’Osservatorio hanno sovente evidenziato le criticità di questi spazi, talvolta molto ristretti. Possiamo considerare gli elementi strutturali fino a qui descritti delle condizioni che si sommano negativamente alla situazione attuale. L’apparato dell’esecuzione penale interna in regione è caratterizzato da una generale scarsità di personale, soprattutto direttori. Anche il sottodimensionamento del numero di funzionari giuridico pedagogici e l’assenza di mediatori linguistici e culturali ha un notevole peso come si sottolineava in precedenza.
Riportiamo di seguito una sintesi di come, secondo le nostre ricostruzioni, alcuni istituti hanno reagito all’emergenza sanitaria in corso.
Il carcere di Pordenone risulta a inizio maggio il più sovraffollato della regione, il dato è al 173% con 66 detenuti presenti a fronte dei 38 posti regolamentari. Numeri che si appesantiscono andando a considerare alcuni elementi strutturali: le docce si trovano in stanze comuni e gli ambienti in generale risultano di dimensioni molto ridotte. C’è una piccola biblioteca, una stanza per la scuola e una sala polivalente, non ci sono palestre o altre aree comuni. Complica il tutto l’impossibilità di avere uno spazio per i passeggi in ogni sezione e l’assenza di spazi esterni verdi. A inizio emergenza la direzione della struttura ha favorito le comunicazioni con l’esterno: le telefonate sono state estese a 10 minuti al giorno per ogni persona detenuta, con la possibilità in casi specifici di videochiamare. Sono stati sospesi gli ingressi al personale volontario per evitare qualsiasi rischio di contagio. Altresì concessa la licenza familiare ai detenuti in semilibertà; un gruppo di detenuti in detenzione domiciliare ma impossibilitati a isolarsi in un’abitazione propria sono stati ospitati da una comunità locale.
Al carcere di Tolmezzo si calcolano, sempre a inizio maggio, 226 presenze a fronte dei 149 posti regolamentari (tasso di sovraffollamento del 151%). Dopo le rivolte di inizio marzo in diverse carceri del Paese, alcuni detenuti sono stati trasferiti a Tolmezzo dal carcere della Dozza di Bologna. L’evento ha suscitato delle reazioni, rese note al Presidente della Repubblica attraverso una lettera, firmata anche dai detenuti, dove si sottolineava il disappunto nei confronti della scelta di trasferire persone provenienti dalla zona rossa a un carcere che fino a quel momento non aveva registrato casi di positività al virus. Inoltre, commentano nel testo della lettera i reclusi, gli agenti di polizia penitenziaria, visti i numeri effettivi, si trovano costretti a lavorare sia negli spazi riservati ai nuovi giunti da Bologna, sia nelle sezioni libere dalla presenza del virus, aumentano così la diffusa percezione di insicurezza. Sempre dallo stesso carcere è giunta segnalazione su iniziali difficoltà ad accedere alle videochiamate, una situazione che Antigone sta monitorando.
Per quel che riguarda l’istituto di pena di Udine, Antigone aveva posto l’accento sulla situazione di sovraffollamento già lo scorso autunno. La buona notizia è che il numero delle presenze da allora è notevolmente sceso. Il sito del Ministero segnala la presenza, a fine marzo, di 135 presenze a fronte di una capienza regolamentare dell’istituto di 90 posti. Anche a Udine, come a Tolmezzo, la condizione strutturale non aiuta. Gli spazi comuni si trovano all’esterno delle sezioni, pertanto per raggiungerli la popolazione reclusa necessita di un agente che possa aprire loro i cancelli. In questo carcere a inizio marzo si è registrata una protesta: la battitura delle sbarre a opera delle persone detenute ha catturato l’attenzione di alcuni giornalisti e la formazione di un piccolo presidio di solidarietà in tarda serata alle porte dell’istituto. Dallo stesso carcere il 19 aprile esce la notizia che i tamponi fatti al personale e a tutti gli agenti di polizia penitenziaria sono risultati negativi. Il carcere di Udine inoltre ha fornito un importante numero di mascherine a tutti gli abitanti della struttura e aumentato le “ore d’aria” normalmente previste per rendere più salubre la permanenza in struttura ai reclusi.
Seppur limitata, la descrizione fin qui presentata aiuta a ricostruire come e in quali condizioni, di fatto, la regione Friuli Venezia Giulia stia gestendo l’emergenza sanitaria in corso. Finora non ci sono stati risvolti drammatici, sappiamo però che spazi angusti e scarsità di risorse umane non sono fattori di protezione dal contagio, anzi. Anche per questo continueremo con il monitoraggio e la raccolta di segnalazioni.